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Jolly_roger
messaggio 29 May 2008 - 17:56
Messaggio #51


Tanta Roba
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Iscritto il: 23 June 2005
Da: Atollo di Onotoa
Utente Nr.: 185



Nelle righe sopra no, ma in tutto il resto che in genere scrivi si. (IMG:style_emoticons/default/icon_wink.gif)
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Black Ice
messaggio 5 Jun 2008 - 10:10
Messaggio #52


Gnosso
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Iscritto il: 14 December 2006
Età: 43
Utente Nr.: 1666



Ti incrocio ed il tuo sguardo da dietro i tuoi occhiali scuri si posa sulla mia pelle, lo sento e sento la tua voce che trema come la mia anche se ci scambiano solo una parola e quella parola per me è come un sasso in uno stagno, l' aqua nera del mio profondo si muove si increspa, lo fa e continuerà a farlo per sempre, ogni volta che ti passerò accanto, ogni volta che mie occhi incroceranno i tuoi.
è stato e sarà così ogni volta ed ogni volta penserò alle tue mani, alla tua pelle, al tuo sorriso, al tuo sguardo, alle tue labbra per un tempo che sembrerà interminabile fino a quando non tornerò a pensare a domani come ad un giorno senza te.
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Brother Grimm
messaggio 5 Jun 2008 - 23:33
Messaggio #53


Barbagian
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Iscritto il: 1 July 2007
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Da: per lo più Ferrara
Utente Nr.: 2616



a me piace scrivere ogni tanto qualcosa.

PUbblicarlo..... forse un giorno!!!

(IMG:style_emoticons/default/znaika.gif)
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Redfires
messaggio 6 Jun 2008 - 08:58
Messaggio #54


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Da: Bondeno
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@Thyo85

Baudelaire Style !
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Thyo85
messaggio 6 Jun 2008 - 09:44
Messaggio #55


Gago
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Da: Sant'agostino
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@ RedFires: vediamo come proseguirà, vorticano idee nella mente, devo ancora scegliere cosa acchiappare e appoggiare su carta.
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Redfires
messaggio 6 Jun 2008 - 09:58
Messaggio #56


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Da: Bondeno
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Buon lavoro Thyo (IMG:style_emoticons/default/b-rabbit.gif)
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Black Ice
messaggio 18 Jun 2008 - 08:34
Messaggio #57


Gnosso
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Ancora ci sei

Ancora ci sei, nei giorni di pioggia, quando il freddo striscia sotto la porta, mi avvicino al vetro, gurdo fuori e appoggiata alla ringhiera in ferro battutto ci sei tu che mi gurdi mentre sorridi.
Ci sei ancora e forse ci sarei sempre come ti avevo detto tanto tempo fa; avvicino il viso al vetro e per un attimo ogni cosa è senza peso, mi chiedo cosa faccio ancora qui, perchè non sono lontano come avrei voluto essere.
Guardo ancora fuori e gli occhi diventano umidi mentre ogni cosa riprende il suo peso, forse il vetro è troppo freddo e mi irrita gli occhi, meglio allontanarsi prima di piangere.
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Thyo85
messaggio 8 Jan 2009 - 22:38
Messaggio #58


Gago
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Da: Sant'agostino
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Pioverà tutto il giorno

-Perchè lo fai? - gli chiede.
Lui la guarda un secondo con occhi assenti e poi ricomincia.
Sulle spalle ha un pesante zaino, arancione e nero, di quelli scolastici.
Un gancio rotto e le scritte usurate ne rivelano l'età.
Lei lo guarda, senza fiatare.
E' una giornata nera, livida. Nuvole veloci e nere corrono sopra di loro.
Da un lato c'è il mare, di cui si sprigionano le onde con forza, acqua scura che termina nel bianco energico, risultato dell'incontro con la sabbia.
Ehi, parlami, insiste la ragazza.
E' di media statura, esprime classe per senza avere niente che risalti o sia costoso: è nei modi, nella semplicità e nel brillare degli occhi che si rivela la sua essenza.
Lui muove le braccia con ampi movimenti ora lenti ora bruschi, dal particolare al generale e viceversa.
Camminano, si fa per dire, sulla strada, sciolando leggeri sulla via di questa cittadina.
Il mare è uno di quei posti che vive di cicli.
Ora è inverno e il mare è spento. La citta deserta.
Già d'estate è ormai meta di poche famiglie e si traveste solo di mare nel ricordo di un luminoso passato.
Il ragazzo, un cuiffo biondo ribelle sugli occhi e scarpe consumate dai chilometri ha un mano una bomboletta spray nera.
Disegna i contorni.
L'ombra di una bici appoggiata ad un palo.
Ripassa sul marciapiede i confini delle case, dei bar abbandonati, delle fontane spente.
Colora di nero il corpo di un uccellino o quel che ne resta.
Come se disegnasse la scena di un delitto con i corpi ancora dentro.
La ragazza prende una bomboletta dallo zaino, affretta il passo e gli si ferma davanti sbattendola a terra.
-Mi spaventi.- Non grida ma il tono è grave, denso.
Le onde sembrano fermarsi per un istante.
- Sto solo cercando di fermare il tempo.- risponde lui.
Lei lo fissa in silenzio.
- Sto solo fermando questi istante per sempre, per ricordarmelo.-
Poi riprende.
E la pioggia comincia a scendere.
Pioverà tutto il giorno.
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Thyo85
messaggio 16 Apr 2009 - 09:38
Messaggio #59


Gago
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Da: Sant'agostino
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Il giornalista

Otto.
Nove.
Dieci.
Batte le mani sul tappeto forte, tra l'entusiasmo quasi assurdo di poche decine di persone.
Signori di mezza età, perlopiù.
Ko urla al microfono e l'avversario alza le braccia al vento, trionfante, sereno e si getta vicino al suo angolo baciando una bionda sui trenta, lunghi capelli biondi e un viso consumato come dal freddo.
Per tutti, osservando la scena dall'alto parrebbe evidente che c'è un solo sconfitto nella grande sala, parrebbe che tutti stiano lì ad esultare felici (tranne, a onor del vero un cronista locale troppo annoiato per il povero spettacolo da sperare di ricavarci qualcosa di buono per l'articolo di domani).
E quindi verrebbe quasi compassione per me, unico, a terra, occhi aperti su un soffitto metallico avvolto da luci scadenti e penzolanti che si confondono nella mia testa già provata dai pugni ricevuti.
Sbagliano. Sbagliate tutti. Questo è il mio momento. Il mio successo. Il mio trionfo.

Non è sempre stato così.
Anni fa salivo sul ring regolarmente. Molte perse, qualche pari, qualche vittoria.
Vittorie giunta per sorpresa.
Tranne un anno. Non è passato molto,ma quell'anno fu indimenticabile.
Anche un piccolo trafiletto a pagina 39 del quotidiano nazionale sportivo parlò di me.
“Vince a sorpresa il regionale, ai punti dopo 12 vibranti riprese. Non è tra i favoriti per la vittoria nazionale, ma è da tenere d'occhio”.
Quell'anno mi sono sentito invincibile. Non lo ero certo, ma nello sport (come in ogni momento della vita) conta più quello che credi di essere di quello che sei realmente.
Quell'anno era mora ma avevo anch'io chi baciare dopo un incontro.
Quell'anno il cronista locale era stato man mano affiancato da altri tre o quattro individui, senza taccuino ma con eleganti portatili neri con strani simboli luminosi sul retro.
Era semplicemente il mio momento, andavo sul palco pensando di avercela finalmente fatta, di avere trovato la mia chiave per vincere sempre o quasi.
Vincevo.
E ogni vittoria mi rendeva più sicuro.
Il torneo nazionale.
Una camera d'albergo a tre stelle, una colazione abbondante, allenamenti, la stampa, guardarmi intorno e vedere che erano tutti come me, strade infinite riunite per quei giorni in un unico posto.
E lo vedevi negli occhi, chi avrebbe vinto.
Anche io credevo di avere quegli occhi.
La sorpresa che travolge tutti. Vedevo gli articoli di giornale, le interviste alla tv, preparavo le dichiarazioni.
Fui fuori dopo 2 riprese. Non voglio raccontare la sconfitta dicendo che poi quello vinse il torneo, tutt'altro: perse l'incontro successivo.
Pensavo di avere fatto il salto di qualità – dissi alla mia compagna la sera successiva – invece ero solo nel posto sbagliato, troppo in là per quello che valevo.
Lei non disse niente ma appoggiò la mano sulla mia faccia e io inclinai la testa di lato per qualche minuto.

E ora sono questi i miei trionfi.
Da quando sono tornato, perdendo quasi tutti gli incontri successivi e iniziando a lavorare in una libreria di giorno, tutto è cambiato.
La mora si è fatta da parte, senza troppo rumore.
Il giornalista locale è rimasto di nuovo di solo vicino al ring, col suo taccuino, anche se è giusto rendergli onore di avere a volte anche lui un portatile ora, con il logo della testata giornalistica.
Questa sera però no.
Lo si vede dallo sguardo svogliato e dall'atteggiamento del corpo.
Sono steso a terra e non vede che sorrido.
Non capisce che è questa la mia vittoria.
L'altra sera degli amici mi hanno chiesto perchè continuo a combattere.
Mi vedessero ora. Se fossero venuti a vedermi. Invece di fare domande senza mai partecipare.
Capirebbero che non mi è rimasto altro che l'immensa soddisfazione di rendere felici tutti intorno a me.
Il pugile, che ha vinto. La bionda, orgogliosa del suo campioncino. Il pubblico, questi signorotti annoiati che vedono le emozioni che gli mancano nella quotidianità.
L'arbitro, che finisce il referto e si prepara ad andare sotto la doccia, felice che sia durata anche meno di quello che pensava.
Solo il giornalista non riesco a fare felice.
Ma se venisse a vedere.
Se leggesse i miei occhi pieni di serenità e gratitudine.
Se mi chiedesse lui perchè combatto ancora glielo direi.
Forse rimarrà un'altra dichiarazione rimasta nella mia mente.
Ma vorrei dirglielo.
Combatto ancora perchè la mia vittoria è nel regalare un momento di felicità a tutti gli altri.

Messaggio modificato da Thyo85 il 16 Apr 2009 - 13:44
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Thyo85
messaggio 17 May 2009 - 21:58
Messaggio #60


Gago
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Da: Sant'agostino
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PIEDI

Avanzo nella folla.
Cammino con gli occhi vagamente abbassati, vedo i piedi, le scarpe.
Tacchi, scarpe da tennis, ballerine, eleganti scarpe nere, piedi coperti e altri quasi nudi.
Ogni tanto colpisco qualcuno, sento una delle spalle ruotarsi di colpo indietro, a volte a destra a volte a sinistra senza nessuno schema logico.
Avanzo e non sento il rumore dei miei passi.
I piedi si infittiscono, si stringono, si muovono ora su un ritmo uguale per tutti ma che ognuno segue in maniera diversa.
Qualcuno salta. Qualche piede batte forte per terra, solo la destra. Altri si alternano, quasi dovessero davvero colpire sulla grancassa o sui tamburi.
Questi piedi mi fanno più resistenza e inizio a mettermi di lato.
Obliquo.
Parallelo.
Cerco di farmi forma dei pochi spazi d'aria tra la gente.
Mi odierebbero, mi picchierebbero, se non fossero concentrati su altri.
Sospensione dell'emozione.
E io sono il corpo estraneo.
I piedi diventano gambe. Alcune belle, aggraziate, a tempo, sensuali.
Altre goffe, trascinate ma insicure come se sapessero che le sto giudicando.
Avanzo con fatica sempre maggiore.
Non tutti sono fermi sul posto, dove sono arrivano.
Saltellano. Si spingono.
Scorgo una scarpa bianca e blu che pesta un'altra bianca e rossa, percepisco un attimo di dubbio ma vedo che la scarpa rossa continua indifferente a muoversi come se niente fosse.
Forse la scarpa bianca era leggera, forse sono amici, forse fanno finta di niente.
E' un rito comune.
E spariscono le convenzioni sociali.
Scorgo altre scarpe e poco oltre barriere di ferro, fredde, metalliche, traballanti, scosse.
Un piede nudo, anzi due: nessun pelo in vista, direi una ragazza,
Salta, destra, sinistra, sinistra, destra, destra, arriva sul mio piede.
Tengo gli occhi bassi ma vedo la rotazione del piede, si è girata verso di me.
Sospensione dell'emozione.
Altri due, tre, quattro passi e la folla diventa meno pressante e piano piano di schiude intorno a me.
Piedi in fila, gambe rivolte verso di me, tengono il ritmo comunque.
Scavalco la griglia di ferro, parto verso la destra e poi subito svicolo a sinistra, scorgendo il palchetto che mi aiuta a salire.
Il ritmo è incalzante.
Mi avvicino al centro.
Non trovo più i piedi ora che decine di luci mi illuminano il viso.
Abituo la vista, avvicino una mano all'asta, la impugno salda e mi blocco.
Immobile. Perfetto. In pace.
Chiudo gli occhi e le orecchie e la bocca e i muscoli e le ossa e il cuore che si ferma immobile mentre i polmoni utilizzano l'aria di riserva perchè per dieci, venti, trenta secondi non respiro.
Poi lascio uscire l'aria con calma.
Conto.
Conto uno, due, tre, quattro e lo faccio quattro volte, so che ora aspettano tutti me.
Sospensione dell'emozione

Inizio.
Canto.
E i piedi sono di nuovo in movimenti, saltano, battono e ora solo ora li guardo in faccia.
Canto e guardo, miei fan, i visi dei miei fan.
Canto e ora anche io batto il piede.
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