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Messaggio
#1
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Super Member ![]() Gruppo: Utente Messaggi: 15258 Iscritto il: 14 December 2005 Età: 17 Utente Nr.: 459 ![]() |
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronach...to_loreto.shtml
I dubbi sui «profeti del rock» E il Papa non va al concerto LORETO (Ancona) — Papa Ratzinger ieri ha salutato ma non ha ascoltato i cantanti, i musicisti e gli attori che hanno dato vita tra le 21.30 e le 23.30 — nella spianata di Montorso — a un concerto per conto di Raiuno. Obbligato il paragone con papa Wojtyla che nel 1997 a Bologna aveva invece assistito a un intero concerto — anche allora organizzato dalla Rai — che aveva visto la presenza di Bob Dylan, Adriano Celentano, Lucio Dalla e tanti altri. Si sa che Benedetto XVI non ha la passione del predecessore — che in gioventù era stato attore — per le feste, i canti e le danze. Ma in questa diversità di atteggiamento nei confronti di un'analoga iniziativa concertistica c'è qualcosa di più rispetto al genio personale dei due papi: in Benedetto sulla simpatia per il modo di comunicare dei giovani, che condivide — almeno in linea di principio — con il predecessore, prevale la diffidenza per il «messaggio » che può venire da quelle che una volta, da cardinale, ebbe a chiamare «le star dei giovani». Ci dice il suo sentimento un testo importante che risale al 1998 e che è stato ripubblicato qualche mese fa dall'editore San Paolo in una raccolta di scritti di Ratzinger su Wojtyla, intitolata Giovanni Paolo II. Il mio amato predecessore. L'allora cardinale Ratzinger ricorda in quel testo quella serata bolognese di dieci anni addietro, che si tenne in occasione di un Congresso eucaristico nazionale e cita tra le «star» che in esso si esibirono «Bob Dylan e altri di cui non ricordo il nome», osservando con severità che essi «avevano un messaggio completamente diverso da quello per cui il Papa si impegnava». Ed è a questo punto che vengono le parole più rivelatrici della sua considerazione: «C'era ragione di essere scettici — tale ero io e, in un certo senso, lo sono ancora — e di dubitare se davvero fosse giusto fare intervenire questo genere di profeti». Il cardinale concludeva poi che Giovanni Paolo, nonostante la «visibile stanchezza» e il contesto poco adatto, era riuscito a comunicare efficacemente — quella sera — con i giovani «mettendo da parte il foglio manoscritto e parlando con il cuore». Anzi osservava che le sue parole avevano fatto apparire «invecchiato e povero» il «messaggio» delle star che si erano esibite. Nella decisione di autorizzare lo svolgimento del concerto di ieri ma di non assistere ad esso si può vedere in papa Benedetto il riconoscimento di non disporre della stessa potenza comunicativa del predecessore. Ma forse si indovina meglio il suo sentimento se si immagina che determinante sia stata la sua preoccupazione di distinguere nettamente il momento del proprio messaggio da quello dello spettacolo. Una preoccupazione da papa teologo, che appunto vuole distinguere mentre il papa missionario tendeva innanzitutto a comunicare. La volontà di marcare in maniera chiara gli appuntamenti con i giovani come eventi di preghiera e non come momenti di spettacolo papa Ratzinger l'aveva già manifestata in occasione della «Giornata mondiale della gioventù» di Colonia, due anni addietro, quand'era papa da appena quattro mesi: nella veglia aveva fatto inserire un momento di «adorazione eucaristica» fatta di puro silenzio. Ieri a Loreto c'è stato il ridimensionamento del momento della festa: esso è stato mantenuto, ma il Papa si è limitato a introdurlo da lontano con una preghiera. Luigi Accattoli 02 settembre 2007 |
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Messaggio
#2
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Super Member ![]() Gruppo: Utente Messaggi: 15258 Iscritto il: 14 December 2005 Età: 17 Utente Nr.: 459 ![]() |
Vedi, io vorrei che fosse come dici tu.
Purtroppo, parlando con tanti cattolici, ho sempre avuto l'impressione che chi ne sapeva di più a livello di storia e di teologia, stesse dalla parte di Ratzinger. Gli altri, di cui invece condivido una grossa fetta di idee (quasi tutte quelle riconducibili alle parole originarie di Cristo), sono quasi sempre cattolici per affezione, per cultura, e apertamente in dissenso con la Dottrina. Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e soprattutto Giovanni XXIII (ma specialmente Benedetto XIV, papa settecentesco illuminista) sono stati gli unici 4 papi apertamente in rotta con la Dottrina ecclesiastica, sempre eletti "quasi per sbaglio" da un conclave che pensava tutt'altro rispetto a quello che poi l'eletto avrebbe fatto una volta diventato Papa. E non a caso sono stati i papi che hanno ricevuto più consenso popolare e che hanno avvicinato più di ogni altro al dialogo coi laici, con la scienza e con le altre religioni. Uno degli obiettivi di Giovanni Paolo II era addirittura la riunificazione della Chiesa cristiana: famosi i suoi sforzi per trovare linee comuni con gli ortodossi e i protestanti, al punto di ricomunicare Uta Ranke Heinemann, teologa cattolica scomunicata per aver scritto un famoso libro ("Così non sia - Introduzione al dubbio di fede") che fa a pezzi la storicità dei vangeli auspicando da parte cattolica l'accettazione della scienza e della realtà storica e da parte protestante l'adesione più sincera ai veri valori cristiani come la lotta contro la pena di morte. Al punto di chiedere ufficialmente scusa agli ebrei, ammettendo l'antisemitismo della Chiesa in tempi nemmeno così lontani. Tali papi riformatori hanno fatto crescere in tutti i cattolici liberali la speranza che il loro essere sia cattolico sia liberale non fosse un ossimoro. Ma la mia esperienza, e la mia pur lacunosissima conoscenza dei tratti generali della questione Cattolici-Protestanti, mi ha portato a pensare che quei tre papi siano stati solo un errore saltuario, che siano stati mosche bianche, che il Cattolicesimo viva, trovi la sua stessa identità e la ragione d'esistere attorno alle differenze con le altre chiese cristiane. Cioè, sostanzialmente, attorno al concetto di Potere Temporale, di gerarchia. Che infatti è proprio il punto fondamentale a cui ruota attorno tutto il Concilio di Trento e quindi tutta la Controriforma. |
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