Scarcerata Silvia Baraldini, grazie all'indulto |
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Scarcerata Silvia Baraldini, grazie all'indulto |
27 Sep 2006 - 12:50
Messaggio
#1
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Super Member Gruppo: Utente Messaggi: 3431 Iscritto il: 9 April 2005 Età: 40 Da: Fuckingham Palace Utente Nr.: 63 |
Cosa ne pensate?
Io personalmente penso che il ministro della giustizia Mastella abbia violato gli accordi con gli stati uniti, perchè è evidente che l'indulto non poteva essere concesso dato che è stata condannata da uno stato straniero! se devi scontare 43 anni te li fai!!, l'italia ha rotto i mar*ni x averla in carcere qui da noi e poi x colpa del governo Prodi (mastella) la Baraldini torna in libertà! Se fossi un americano mi sentirei preso x i fondelli di brutto e direi che l'italia è un governo che ha poca serità!! ma questo lo dico anche senza essere uno statunitense Messaggio modificato da Senbee Norimaki il 27 Sep 2006 - 13:59 |
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27 Sep 2006 - 16:26
Messaggio
#2
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Bambanon Gruppo: Utente Messaggi: 301 Iscritto il: 24 July 2006 Utente Nr.: 1123 |
CITAZIONE Elementi giovanili Nata in Italia, Silvia si trasferì nel 1961 (a quattordici anni) negli Stati Uniti per seguire il padre, inizialmente dipendente della Olivetti a New York e successivamente funzionario della ambasciata italiana a Washington. Negli Stati Uniti frequentò una scuola superiore, dove, all'ultimo anno, iniziò a occuparsi di politica, entrando a far parte di un gruppo studentesco a favore dei diritti politici dei neri. Si iscrisse alla fine degli anni '60 all'Università statale del Wisconsin, una delle più impegnate degli Stati Uniti dal punto di vista politico. Attività politica Silvia Baraldini iniziò la sua attività politica sull'onda del movimento sessantottino, protestando e manifestando per tutti gli obiettivi che si prefiggeva quella generazione, quindi per i diritti civili dei neri statunitensi, contro la guerra del Vietnam e per i diritti delle donne. In seguito la sua attività si focalizzò contro l'apartheid e il nuovo colonialismo in Africa. Con il progredire degli anni la sua attività si era rivolta a favore dei movimenti politici radicali statunitensi. Prima di tutto mise in luce il programma illegale COINTELPRO dell'FBI che spiava e infastidiva gli oppositori politici interni. In seguito diventò un'assidua sostenitrice del Black Liberation Army (BLA). La Baraldini, infatti, dal 1975 apparteneva all'organizzazione comunista "19 maggio", un'organizzazione legalmente riconosciuta dal governo statunitense, che fiancheggiava appunto il movimento BLA. L'attività della Baraldini nel BLA era molto forte; divenne membro del Committee to Free the Panther 21 e sostenne assiduamente le ragioni di Mumia Abu-Jamal, un giornalista afroamericano condannato a morte in Pennsylvania. L'arresto La Baraldini venne per la prima volta arrestata il 9 novembre 1982 per associazione sovversiva, legata al suo attivismo politico comunista e di appoggio ai movimenti afro-americani di liberazione. Scarcerata sotto cauzione, venne arrestata nuovamente cinque mesi dopo, il 25 maggio 1983. L'arresto era legato ad una rapina avvenuta il 20 ottobre 1981 a un furgone blindato della Brink's Bank di Nyack, Long Islands, conosciuta come la "Brink's Robbery", messa a segno dalla formazione comunista cui era organica. I rapinatori uccisero una guardia giurata, l'autista del furgone blindato attaccato, e altre due guardie furono ferite, inoltre uccisero due poliziotti della polizia di Nyack, Police Officer Waverly Brown and Sergeant Edward O’Grady. Nove bambini rimasero orfani in seguito allo scontro. La rapina rese 900.000 dollari. Una delle partecipanti allo scontro, Kathy Boudin, fu rilasciata sulla parola nel 2003, furono altresì condannati per la rapina David Gilbert e Susan Clark. I partecipanti alle azioni si denominavano “May 19th Communist Organization”, Weatherpersons,Weather Underground, Black Liberation Army (BLA). Il processo I capi d'accusa Essa fu processata con i seguenti capi di accusa: Il 2 novembre 1979 aveva concorso con altri all'evasione di Assata Shakur, alias Joanne Chesimard, "l'anima" del Black Liberation Army (BLA), che stava scontando una condanna all'ergastolo per omicidio di un agente di polizia stradale; Fu accusata di essere un'ideologa sia del movimento "19 maggio" e di altri movimenti afro-americani di liberazione tra cui "La famiglia" che forniva appoggio logistico; Fu accusata di aver preso parte ai preparativi di rapina, mai portata a termine, di un furgone blindato a Danbury nel Connecticut; Fu accusata di aver preso parte 19 maggio 1981 ai preparativi di rapina, mai portata a termine, di un furgone blindato alla Chemical Bank di Nanuet, a New York; "ingiuria al tribunale" ("Contempt of Court"), per aver rifiutato di fornire testimonianza sui nomi di altri militanti del movimento "19 giugno". [modifica] La condanna Il processo si concluse con una sentenza del luglio 1983 che può essere riassunta in questi punti: 20 anni per concorso in evasione, appunto di Assata Shakur, alias Joanne Chesimard; 20 anni per associazione sovversiva, con applicazione della legge Rico, originariamente usata per casi di criminalità mafiosa e organizzata, per la quale venivano pagati dalla persona le accuse contestate al gruppo di appartenenza, (cosiddetta associazione a delinquere), e per i due preparativi di rapina; 3 anni per "ingiuria al tribunale" ("Contempt of Court"), per aver rifiutato di fornire testimonianza sui nomi di altri militanti del movimento "19 giugno". Al primo arresto del 9 novembre 1982 l'FBI aveva offerto una forte somma di denaro alla Baraldini per denunciare i compagni e l'offerta le fu rinnovata in carcere con una contropartita che corrispondeva alla sua liberazione. Il rifiuto di collaborare non fece altro che inasprire la pena qualificando la Baraldini come detenuta pericolosa. Venne quindi trasferita nel durissimo carcere di Lexington e le condizioni detentive divennero più aspre. Il principale testimone a carico fu il pentito Tyrone Rison. Il principale coimputato fu Sekou Odinga Il carcere Le tappe La Baraldini venne prima rinchiusa nel carcere di New York, poi in quello di Pleasanton in California e poi, a Lexington, dove fu sottoposta al carcere duro con isolamento, censure nella posta e limitazioni nelle visite, sorveglianza continua anche nei momenti più intimi. Il regime carcerario venne ridotto e l'unità di sicurezza di Lexington chiusa dopo la lotta della Baraldini e di altre carcerate sostenuta anche da Amnesty International. La malattia La Baraldini ha visto peggiorare le sue condizioni carcerarie anche a causa di un peggioramento del suo stato di salute. Nel 1988, dopo aver avvertito forti dolori addominali, le era stato diagnosticato un tumore maligno. L'amministrazione penitenziaria non si dimostrò molto attenta alle esigenze della carcerata e tendeva ad ostacolare e limitare le cure di cui la Baraldini aveva bisogno. Dopo alcuni interventi chirurgici nel 1990, la Baraldini venne trasferita nel carcere di massima sicurezza di Marianna in Florida. Si è voluto vedere in questo gesto un tentativo dell'amministrazione statunitense di isolare ancora di più la Baraldini dal movimento d'opinione a favore che si stava formando in quegli anni, infatti il carcere si trova in una località isolata. L'ultimo trasferimento è stato a Danbury, nel Connecticut. Il movimento di sostegno In Italia il movimento di sostegno si intensificò soprattutto dopo la malattia della Baraldini. I vari episodi locali confluirono nel "Coordinamento Nazionale Silvia Baraldini" e vi aderirono diverse personalità di spicco come Dario Fo, Franca Rame, Antonio Tabucchi, Umberto Eco mentre Francesco Guccini le dedicò nel 1993 la "Canzone per Silvia" nell'album "Parnassius Guccinii". Il movimento si batteva per far rimpatriare la Baraldini ritenendo l'accusa statunitense fittizia e comunque esagerata rispetto alle reali colpe. Uno dei punti focali della lotta era la richiesta dell'applicazione della Convenzione di Strasburgo per il trasferimento dei condannati. Il problema era che tale accordo non obbliga i paesi interessati né fissa dei tempi da rispettare. Nel 1992 l'accordo e l'estradizione sembravano vicini ma la Baraldini ricevette dalla magistratura americana lo status di pericolosità altissima e tutto sfumò. Ritorno in Italia I tentativi di rimpatrio ebbero infine successo nel 1999, quando, il 24 agosto Silvia Baraldini è stata rimpatriata per scontare in Italia in resto della sua pena. Il rimpatrio ha avuto diverse polemiche per l'accordo diplomatico tra l'Italia e gli USA. Si è parlato degli eccessivi costi legati al viaggio di rimpatrio, richiesti dalle autorità statunitensi per ragioni di sicurezza, e si sono fatte congetture su un possibile scambio tra il reimpatrio e la strage del Cermis. Comunque un caposaldo è che il Ministro della Giustizia americano aveva chiesto garanzie affinché non si procedesse alla liberazione o ad uno sconto della pena come la libertà condizionale. Infatti l'Italia ha dovuto associare al rimpatrio una sentenza della Corte d'Appello per recepire quella americana. In pratica la Baraldini non è stata giudicata in Italia per i reati commessi negli Stati Uniti, ma è stata estradata con il vincolo di dover scontare in Italia la pena inflitta negli Stati Uniti. Proprio su questo punto la polemica ha trovato basi forti di discussione, volendo vedere in questo vincolo una riduzione della sovranità nazionale. Tuttavia è raro che un paese abbia giurisdizione per i reati commessi da suoi cittadini in un altro paese in cui siano residenti. E' un principio giurisprudenziale assai discusso e importante tenuto conto dell'elevato numero di emigranti italiani all'estero e stranieri in Italia. La Baraldini è agli arresti domiciliari dall'aprile 2001 a causa delle sue condizioni di salute. Dopo il suo reimpatrio ha scelto il silenzio e non ha più rilasciato interviste ai media. Nel 2003 la Baraldini ottiene, non senza polemiche, una collaborazione con il Comune di Roma per occuparsi di un progetto di ricerca sull'occupazione femminile. Per effetto della legge sull'indulto promossa dall'ultimo governo Prodi, Silvia Baraldini è stata infine scarcerata il 26 settembre 2006. da wikipedia |
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