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Versione completa: America, Il Grande Crac "incubo" Americano A Wall Street
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Le Big Mac
Di Vittorio Zucconi

C'è qualcosa di spaventosamente banale, perché già visto molte volte come quegli uragani che si abbattono ogni anno, nel collasso della quarta banca d'affari americana consumato in questo weekend, la Lehman Brothers. Come nella fine di Bear Stearns, di Merrill Lynch - la numero uno risucchiata dalla Bank of America - nell'assalto in atto al titano delle assicurazioni Aig, nelle febbre che sta facendo rabbrividire marchi stellari come Goldman Sachs, Morgan Stanley, Jp Morgan, c'è semplicemente l'altra faccia del "sogno americano". L'incubo americano.

La catastrofe della Lehman fallita, due settimane dopo il salvataggio governativo delle due principali fonti di mutui immobiliari semiprivate, Freddie Mac e Fannie Mae, e il panico che si sta impadronendo di un'industria finanziaria che si considerava inaffondabile e oggi vede un Titanic dopo l'altro inabissarsi, è la parabola dei trionfi e delle catastrofi inevitabili e necessari, che in un sistema di economia e di finanza spregiudicate trasforma pezzenti in miliardari con la stessa furia con la quale trasforma miliardari in pezzenti. Che travolge, devasta, terrorizza e poi diventa la premessa per ricostruire.

Non ci sarebbe l'America senza i disastri che l'hanno devastata e poi l'hanno rifatta. Quando Richard Fuld, presidente e profeta di questa casa finanziaria, addirittura vetusta per gli standard americani essendo nata 158 anni or sono, che dal 1993 era guardato come il mago capace di trasformare il nulla in oro e oggi come un apprendista stregone che ha lasciato 27 mila dipendenti sull'orlo del tuffo dalla finestra, ha dovuto arrendersi dopo un week end di inutile agonia e ha dovuto portare i libri in tribunale, un dramma rappresentato mille volte è andato in scena. Senza risalire alla preistoria e al crack del1929, che i grandi gufi come Allan Greenspan continuano a citare forse per far dimenticare la parte che loro stessi hanno giocato con la propria miopia, soltanto negli ultimi 20 anni abbiamo assistito al crollo fraudolento delle piccole casse di risparmio (nel quale fu coinvolto anche un certo senatore chiamato John McCain), costato 800 miliardi ai contribuenti americani; al "meltdown", alla fissione nucleare delle obbligazioni spazzatura, i junk bonds, che avevano alimentato i razziatori di aziende; al grande crack di Wall Street; all'esplosione tragica della millantata "new economy" e dei titoli bidone delle "punto com"; alla scomparsa (criminale) di colossi dell'energia come la Enron.

Questi eventi terrificanti sono insieme l'eccezione e dunque la regola che domina il respiro di una nazione che sa, per esperienza amara ma lunga, di dover pagare il prezzo dei propri eccessi, prima di bonificarsi e poi ripartire verso altri eccessi. In un universo dominato dai due poli estremi del "fear" e del "greed", della paura e dell'igordigia, i maghi di ieri, come Fuld delle Lehman, o come Kenneth Lay dell Enron, grande amico di George Bush, ucciso da un infarto dopo una condanna a 25 anni di carcere per bancarotta, sono i furfanti di domani, esecrati con la stessa violenza con la quale erano adorati fino a quando producevano soldi per i clienti. I 27 mila dipendenti della Lehman, pagati in titoli della loro banca, lo adoravano quando il titolo era oltre i 66 dollari e ricevevano "bonus" di fine anno raramente inferiori ai 350 mila dollari. Oggi, che quei titoli valgono 24 centesimi, quasi nulla, e si sono portati via risparmi, sogni, lussi, case, senza più speranze di quei bonus che alimentavano i prezzi astronomici delle abitazioni a Manhattan, lo maledicono.

Il caso della "Fratelli Lehman", ancora chiamata così in onore dei tre fratelli Henry, Immanuel e Mayer, tedeschi immigrati dalla Baviera nel 1850 senza uno scudo in tasca e divenuti ricchi (ecco il "sogno") facendosi pagare con il cotone coltivato dagli schiavi dell'Alabama, colpisce non soltanto per le dimensioni di questa casa finanziaria che, con 27 mila dipendenti, aveva un portafoglio nominale e un valore di mercato pre collasso superiore ai 500 miliardi di dollari. Colpisce perché, a differenza di fondi d'investimento puramente speculativi, come il famoso "Long Term Capital" concepito da due premi Nobel dell'Economia e andato in fumo nel 1991, la Lehman aveva una lunga e nobile storia di saggi e fruttuosi finanziamenti.

Con il suo aiuto, erano nate le prime grandi catene di magazzini popolari, come la Sears e la Macy delle celebri parate a Manhattan. Avevano permesso la nascita della Rca, signora e madre della radio e della televisione e della Halliburton, la società di ricerche e servizi all'industria del petrolio che il vice presidente Dick Cheney guidò prima di entrare alla Casa Bianca nel 2001. Era stata dunque parte della grande economica americana, prima di gettarsi sulla nuova frontiera dei mutui immobiliari e di quegli strumenti finanziari, come gli "hedge funds" e i "derivate" che nel anni 90 avevano promesso la pietra filosofale che ogni investitore sogna: guadagnare in ogni caso, qualunque zig zag compia il mercato.

Come vuole la saggezza popolare, se una cosa è troppo buona per essere vera, non è vera. Nel momento, previsto e ignorato, dell'inversione del mercato immobiliare dopo anni di aumenti insensati del valore delle case sostenute da profitti e "bonus" e da crediti a tutti, Lehman e il suo aggressivo leader, Fuld, hanno scoperto l'incubo: come si possono fare fortune puntando sui rialzi, così se ne possono fare scommettendo sui ribassi. Quando il sangue delle piccole banche esposte in crediti cattivi a debitori insolventi, i cosiddetti mutui subprime, a clienti sotto gli standard ottimali, ha cominciato a diffondersi nell'acqua, i grandi speculatori al ribasso hanno cominciato a mordere, sbranando pezzo dopo pezzo case come la Bear Stearns, la Countrywide mutui, ripescata dalla Bank of America, le due agenzie semiprivate Freddie e Fannie di sostegno ai mutui, nazionalizzate nel panico per non radere al suolo il già devastato mercato della casa e infine la Lehman, accusata di avere "cucinato i libri" e nascosto almeno 13 miliardi di crediti ormai non più recuperabili.

In un'economia che sbanda tra le onde della mancanza di fiducia, l'ingrediente essenziale di ogni credito, e della incertezza sul futuro, che non vede dove sia il fondo del mare, ci si chiede "who's next"? chi sarà la prossima vittima degli squali. La Merrill Lynch, la leggendaria "casa del toro furibondo" è stata assorbita, per 50 miliardi, dalla Bank of America, che sta saccheggiando i rottami per uscire come banca dominante quando il ciclone passerà. La Goldman Sachs sta innalzando muri di sacchetti di sabbia attorno ai propri debiti, con riserve di cash, di danaro liquido, come stanno facendo la Morgan Stanley e la JP Morgan. La Aig, American International Group, finanza e assicurazioni, vacilla ed è la preda attorno alla quale incrociano gli squali, mentre il governo Bush, dopo avere contribuito a salvare la Bear Stearns promuovendo l'assorbimento e nazionalizzando, con nobile sprezzo dell'ideologia liberista, le due grande agenzie di mutui, è stata costretta a chiamarsi fuori. Il mercato della liquidità, del credito, è paralizzato dal terrore.

Il ministro del tesoro Paulsen ha lasciato al suo destino la casa che i tre fratelli arricchiti dalla speculazione sul cotone 158anni or sono costruirono, scoprendo che sarebbe "immorale" usare soldi dei contribuenti per salvare o remunerare gli speculatori, o liberarli dai debiti assunti dalla mano pubblica, secondo quella formula Alitalia che qui sarebbe improponibile. A 50 giorni dalle elezioni, non ha più nè la volontà politica nè i soldi per farlo. Le grandi banche nazionali e straniere, come Citigroup, Chase, UBS, Bank of America hanno costituto in fretta un fondo d'emergenza di 100 miliardi di dollari per mutuo soccorso e la Federal Reserve, in consultazione con la Bce e con le altre banche centrali del mondo, tiene aperti i propri rubinetti di "extrema ratio" per i correntisti e risparmiatori, avvertendo che non è la Croce Rossa degli speculatori e la sua disponibilità non è infinita.

Ma in realtà nessuno ascolta le scontate e irritanti rassicurazioni di Bush, ripetute anche ieri, sull'"economia americana che rimane robusta". Tutti aspettano la nuova Presidenza per vedere se tenterà di riportare ordine, e qualche regola, nella finanza allegra, divenuta tristissima. Altri cadranno, ma altri cresceranno, come sempre, in questa che rimane l'ultima vera frontiera selvaggia, come la borsa, ha dimostrato ieri passando dalla furia iniziale del "vendere a qualsiasi prezzo" (il panico) alla voglia di cercare azioni scontante (l'ingordigia). Quando anche questa buriana sarà passata, i fratelli bavaresi che speculavano sul cotone saranno diventati una interessante lezione per master in economia, e l'America sarà pronta per un nuovo boom e poi uragano. Lehman Brothers aveva la propria sede nel World Trade Center, l'11 settembre 2001.

Repubblica.it

Pesante.
bzbiz
That's America!

Mi fa ridere il punto in cui "ritengono immorale usare i soldi dei contribuenti per salvare gli speculatori"... un po' come da noi no? rofl.gif (rido per non piangere cit.)
Roberta 80
Lehman, crack da 613 mld $.
In settimana chiude sede italiana

«Parte delle procedure di Chapter 11 prevedono che gli uffici siano chiusi con una certa gradualità» e l'Italia non fa eccezione, dato che «Lehman Italia non esiste come società indipendente ma dipende da Londra, le cui sorti sono chiare». Lo ha detto all'agenzia Radiocor Rainer Masera, managing director per l'Italia di Lehman Brothers. Man mano che i curatori prendono il controllo delle diverse attività, spiega Masera, «ci sarà la chiusura degli uffici» e per quanto riguarda l'Italia, la prospettiva che la chiusura si completi entro la settimana è indicata come «credibile».


Seimila licenziamenti in Europa

La banca statunitense Lehman Brothers ha ufficialmente chiesto oggi al tribunale fallimentare di New York l'amministrazione controllata ex articolo 11. Nell'atto con cui ha formalizzato la sua bancarotta, Lehman indica di aver debiti per la somma colossale di 613 miliardi di dollari. Lo anticipa il Wall Street Journal nella sua edizione online.

Lehman Brothers, già quarta e blasonata banca d'investimenti di Wall Street, ha anche deciso, secondo quanto riportato dall'agenzia AdnKronos, il licenziamento di 6 mila dipendenti in Europa, comprese, per quel che riguarda l'Italia, il personale delle sedi di Milano (120) e Roma (20). I licenziamenti sono operativi da subito. Stamane il broker Usa, il cui titolo è stato sospeso dagli scambi mentre il valore tendeva ormai ad azzerarsi, ha inoltrato la richiesta di protezione dai creditori garantita dal capitolo 11 del diritto fallimentare Usa.

Circa 26 mila persone in tutto il mondo lavorano per Lehman, di cui per l'appunto seimila in Europa, e oltre 10 mila soltanto a New York. E la Grande Mela si prepara a un nuovo terremoto. La crisi del fine settimana nel settore bancario potrebbe provocare una perdita di altri 50 mila posti di lavoro in una città e un settore che dall'inizio dell'anno ne ha persi già centomila. Per far fronte all'emergenza Michael Bloomberg, il sindaco miliardario ex trader di Salomon Brothers, ha convocato un vertice a City Hall con i suoi più stretti collaboratori.

Il Sole 24 Ore
bzbiz
Per capire meglio: Chapter 11 (in inglese)

Da quello che ho capito leggendo in fretta l'introduzione il Capitolo 11 regolamenta la riorganizzazione per fallimento, mentre il Capitolo 7 la liquidazione per fallimento.

Quindi la Lehman è stata messa sotto amministrazione controllata (più o meno per fare un parallelo con noi)
bzbiz
Greenspan l'ha definita la crisi del secolo...

Ma solo a me sembra che i media italiani stiano minimizzando?

O sono gli americani a fare molto rumore per nulla (nulla sò mijardi...)
graograman
io penso che l'italia sentirà meno l'onda d'urto, viviamo in una nazione da sempre sull'orlo del tracollo, cazzi nel culo da una vita, uno in + non farà poi così male.


FINANZA&MERCATI
ILSOLE24ORE.COM > Finanza e Mercati
Alesina: perchè questa crisi è diversa da quella del '29
di Giuseppe Chiellino


A Londra paura di recessione

Il «ciclone» della crisi non è ancora finito ma l'economa reale resterà al riparo. «E' tremendamente sbagliato paragonare la crisi finanziaria che colpisce oggi gli Stati Uniti con quella del 1929. Allora le autorità commisero errori molto gravi dipolitica economica. Oggi quegli errori non si stanno ripetendo». Alberto Alesina, professore di politica economica all'università di Harvard, è convinto che la crisi finanziaria americana avrà effetti contenuti sull'economia reale e non si propagherà a macchia d'olio come accadde quasi 80 anni orsono. «Questo non significa che gli Usa eviteranno la recessione - spiega Alesina al Ilsole24ore.com - e se oggi dovessi fare una previsione sul Pil americano farei una revisione al ribasso della crescita. Inoltre è prevedibile che assisteremo ad altre operazioni come quella che ha portato Bank of America a conquistare Merrill Lynch».

Il sistema finanziario, dunque, sta complessivamente reggendo bene all'onda d'urto della crisi, sostiene l'economista, perchè esistono e funzionano alcuni strumenti di tutela del risparmio che nel '29 non erano neppure immaginabili. Un esempio è l'assicurazione dei depositi di importo inferiore a 100mila dollari. Ma soprattutto, sottolinea l'economista, oggi le autorità politiche e monetarie stanno reagendo correttamente al tracollo che è solo finanziario.


Gli errori del 1929

L'ex presidente della Fed, Alan Greenspan, ha affermato che quella che stiamo vivendo è la crisi peggiore dopo quella del '29. Quali errori furono commessi allora e oggi sono stati evitati?

«Gli errori principali - spiega Alesina - furono quattro. Il primo fu quello di tornare al protezionismo: le esportazioni crollarono e gli effetti recessivi sull'economia reale furono amplificati. Il secondo errore lo commise la Fed che anziché iniettare liquidità nel sistema, si mosse nella direzione opposta, aumentando il panico tra i risparmiatori. Terzo errore grave fu il mancato intervento del Governo americano dopo i primi fallimenti bancari. Oggi non è stato così, come dimostrano i casi Fannie Mae e Freddie Mac. Infine, il presidente Hoover invece tollerare un aumento del deficit pubblico, aumentò l'imposizione fiscaleper tenere in equilibrio i conti pubblici, con ulteriori conseguenze sui consumi e dunque sull'economia reale».


Le conseguenze per l'Europa

Quali potrebbero essere le conseguenze per l'Europa? «I mercati finanziari sono sempre più interconnessi ma le ripercussioni in Europa riguarderanno soprattutto quegli istituti e quelle società pù esposte con Lehman Brothers. Non si può parlare di un rischio generico per l'Europa. L'impressione - spiega l'esperto di politica economica ed editorialista del Sole 24 Ore - è che al di qua dell'Atlantico l'Inghilterra sia la più vicina all'occhio del ciclone. L'Italia lo è molto meno». E le operazioni che il Tesoro italiano ha effettuato sui mercati con l'aiuto di Lehman? «Mi stupirei se l'Italia si trovasse in difficoltà serie».
Leite
Fino a che il petrolio è in trend ribassista e il $ rimane sotto 1.50 , molto probabilmente non ci sarà panic selling .

La sfrugugliata di ieri ce la aspettavamo ... era questione di giorni .

Leite
DA CORRIERE.IT

IL CRAC LEHMAN
E la crisi spinge McCain


di Massimo Gaggi


«E’troppo tardi anche per il panico», spiegava ieri mattina un analista alla riapertura di Wall Street. Ha avuto ragione: nel lunedì più drammatico della storia finanziaria americana, quello che poteva essere il giorno del naufragio, il mercato ha perduto molto (la Borsa ha ceduto oltre il 4%), ma non ha mai rischiato la rotta disordinata. Sepolto in fretta e furia nella notte il cadavere della Lehman Brothers, la gloriosa banca considerata fino a ieri un protagonista «immortale» di Wall Street, l’America ha evitato il meltdown, ma deve rassegnarsi alla perdita del suo scettro finanziario. Delle cinque grandi banche d’affari di Wall Street — i «titani» che si sentivano padroni del mondo—solo due rimangono oggi in piedi e con una loro autonomia: Goldman Sachs eMorgan Stanley.

È la fine di un’era, ma nessuno ha ancora le idee chiare sui futuri assetti del mondo del credito. Hedge fund e società di venture capital hanno resistito alla crisi, ma restano ai margini del cantiere della ricostruzione. Al centro del sistema tornano i giganti bancari, con Citigroup ormai surclassato da JPMorgan-Chase (che ha assorbito Bear Stearns) e da Bank of America che ha attuato il «salvataggio preventivo» di Merrill Lynch. Ma è difficile credere che l’uomo del futuro possa essere Ken Lewis, incoronato ieri nuovo «re di Wall Street». Il 61enne banchiere del «profondo Sud» che, con una serie di acquisizioni, ha trasformato Bank of America in un colosso, è un imprenditore coraggioso, non certo un genio dell’innovazione. La mossa di Lewis — un banchiere politicamente impegnato in campo repubblicano—ha però dato una scossa positiva al mercato e ha consentito al ministro del Tesoro Henry Paulson di tenere duro sul «no» a nuovi salvataggi pubblici anche dopo il fallimento dei negoziati coi possibili acquirenti di Lehman. Paulson rischia molto, ma potrebbe aver fatto una scelta vincente. Sul piano finanziario e, dal punto di vista dei conservatori, anche su quello politico.

Paulson ha costretto il sistema creditizio a non adagiarsi su una linea di occultamento e rinvio dei problemi come quella seguita negli anni ’90 dai banchieri giapponesi. Quella miopia costò al Paese asiatico un decennio di stagnazione. Stavolta la cura è più rude (demolisce banche, cancella migliaia di posti di lavoro, ridimensiona New York e le altre piazze finanziarie), ma può accelerare i tempi della ripresa. Quanto alla corsa per la Casa Bianca, chiudendo (per ora) la partita dei salvataggi fatti coi soldi del contribuente, il ministro di Bush ridà fiato — a 50 giorni dal voto—alla campagna elettorale di John McCain i cui continui richiami al liberismo economico e al mercato rischiavano di apparire velleitari davanti alle nazionalizzazioni «a tappeto » dell’amministrazione repubblicana uscente.

L’economia dovrebbe avvantaggiare il democratico Barack Obama, molto più a suo agio del ticket repubblicano su questi temi. E gli errori di Bush sono una grossa zavorra per McCain. Eppure ieri è stato proprio il candidato repubblicano il più rapido e spregiudicato nell’afferrare il «pallino» del crollo di Lehman: un McCain insolitamente truce ha detto che da presidente «farà pulizia» a Wall Street e ha promesso agli americani che non consentirà più che si ripeta una crisi come quella attuale. Non ha detto come farà e ha totalmente ignorato le colpe di Bush, incapace di far funzionare le authority che dovevano garantire l’ordinato sviluppo dei mercati. Agli elettori inferociti per una crisi che sta riducendo il loro tenore di vita e distrugge posti di lavoro, il senatore dell’Arizona ha dato in pasto i finanzieri di New York, con la loro ricchezza ostentata e la loro arroganza: una ricostruzione volutamente grossolana nella quale chi investe e si occupa di finanza difficilmente potrà riconoscersi, ma che ha molta presa sull’America suburbana e sugli Stati lontani dalle coste dell’Atlantico e del Pacifico, il tradizionale serbatoio di voti dei conservatori.

Tanto più che gli esperti economici repubblicani hanno cominciato a battere i talk show politici delle varie reti televisive sostenendo che i guai di Wall Street, certamente seri, non sono destinati necessariamente a ripercuotersi su «Main Street», cioè sulla vita di tutti i giorni dell’americano medio: lo proverebbe il fatto che mentre le Borse perdono quota e le banche vanno al tappeto, il prezzo della benzina e quelli dei prodotti alimentari scendono rapidamente, mentre anche i tassi d’interesse sembrano destinati a calare ancora. Un altro messaggio che «funziona»: basta non fare troppo caso al fatto che, con le banche in crisi di liquidità, di credito in giro se ne vede ben poco.

16 settembre 2008

Frabe
Io so solo che la mia tesi è da buttare. Dovevo laurearmi quest'estate e ho rimandato. Vabbè, fatto sta che la mia tesi era sull'investment banking: metà delle istituzioni che ho analizzato sono fallite. E la situazione del settore è molto cambiata.
graograman
CITAZIONE (Frabe @ 16 Sep 2008 - 20:37) *
Vabbè, fatto sta che la mia tesi era sull'investment banking: metà delle istituzioni che ho analizzato sono fallite.


fatti una foto e scrivici owned frabe!
Redfires
CITAZIONE (Frabe @ 16 Sep 2008 - 21:37) *
Io so solo che la mia tesi è da buttare. Dovevo laurearmi quest'estate e ho rimandato. Vabbè, fatto sta che la mia tesi era sull'investment banking: metà delle istituzioni che ho analizzato sono fallite. E la situazione del settore è molto cambiata.



Fai una "tesi fantoccio"™ sulla situazione attuale.
Poi fai una tesi che comprenda la vecchia situazione e quella nuova dal titolo: investment banking ovvero quando piove merda gli skizzi arrivono ovunque

sarcastica.gif
Leite
CITAZIONE (Frabe @ 16 Sep 2008 - 20:37) *
Io so solo che la mia tesi è da buttare. Dovevo laurearmi quest'estate e ho rimandato. Vabbè, fatto sta che la mia tesi era sull'investment banking: metà delle istituzioni che ho analizzato sono fallite. E la situazione del settore è molto cambiata.


Oppure tienila buona e dividila in " com'era " icon_mrgreen.gif

e com'è

e parla dei dipendenti Lehman che escono con gli scatoloni dagli uffici . Puoi trasformare l'ultima parte della tesi in un racconto di vita , originale
Galen
CITAZIONE (bzbiz @ 16 Sep 2008 - 12:02) *
Ma solo a me sembra che i media italiani stiano minimizzando?

Già, chissà perché...

Sembra quasi non si voglia analizzare l'evidente collegamento della crisi con il precariato... Quello stesso fenomeno che, sotto il nome di flessibilità, viene continuamente esasperato come la soluzione a tutti i mali economici.
Sembra quasi, vero?
Leite
Il precariato con la crisi attuale c'entra come i cavoli a merenda icon_confused.gif

Tra l'altro viene chiamato così solo in Italia , all'estero il tempo indeterminato lo concepiscono in maniera diversa e neanche lo desiderano cosi tanto. Ma questo è proprio un altro discorso ...

Forse non è chiaro di cosa si sta parlando in questo 3d , non della terza settimana del mese ... si parla della crisi attuale delle investment bank americane dovute a diversi fattori molto complessi .
Galen
Il primo fra i quali è che le banche americane hanno concesso mutui a persone senza entrate fisse (da noi spesso e volentieri si chiamano precari, da altre parti li chiameranno diversamente perché hanno anche diverse forme per ammortizzarne gli svantaggi, cosa che da noi non c'è quindi è molto peggio), cioè mutui ad alto rischio.
E se questo può mandare in vacca l'economia americana vuol dire che questo tipo di lavoratori è molto diffuso. E se le banche hanno concesso questi mutui vuol dire che non avevano molta scelta, proprio perché erano una larga fetta di mercato.
misterwolf
qui c'è un bel panino di merda e tutti quanti devono ingoiare il proprio pezzo
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Galen
Io lo farei ingoiare ai liberisti...
Naturalmente anche questo è un buon motivo per minimizzare la cosa sui giornali.
Black Ice
Quindi per riprendersi dalla crisi basterebbe mettere un punto e smettere di fare contratti non stabili?
Ma llora è fatta...che aspettano?
Forse bisognerebbe stabilire un tetto minimo di costo della mano d' opera alle aziende così non aprono in cina.
Forse la differenza tra il modello comunista e quello capitalista è che uno ci impiega più dell' altro a collassare, ma alla fine collassa.
Per fortuna io sto in Italia, qui le banche non falliscono, per ora.
Galen
Ragionare solo per modelli estremi è riduttivo, io rispondevo alla domanda sui motivi per cui i media in Italia minimizzano la situazione.

Per riprendersi dalla crisi stanno facendo l'unica cosa che potevano fare, l'esatto contrario del liberismo. Esattamente come è stato fatto nel '29, subito dopo l'altro periodo in cui il liberismo andava di moda (mi si vorrebbe far credere che i nostri giornali non vedono nessun nesso? Magari sbagliato, magari semplicistico... ma nulla?)
Ma tutto questo non è comunque una bella cosa perché sul liberismo hanno mangiato i soliti, mentre quando le cose si mettono male i cazzi vengono divisi tra tutti. Prima bisogna pensarci, non dopo... Riprendersi da una crisi non è una soluzione, è una cura costosa e dolorosa. Una buona soluzione sarebbe già imparare dagli errori, invece di tornare a favorire chi mira ad individualizzare i guadagni e a dividere le perdite, come sta succedendo ora.

Resta il fatto che la crisi è grossa, e i provvedimenti senza precedenti. E' vero che oggi ci sono reti di sicurezza che nel '29 non c'erano, ma d'altro canto esistono anche altri problemi nuovi, primi fra tutti la mancanza di risorse e la collegata lotta per l'energia.
Non c'è da minimizzare, la ripresa non sarà né facile, né breve.
A maggior ragione è criminale minimizzare in Italia, dove gli effetti sembrano sentirsi di meno solo perché non siamo ancora arrivati a quel punto, ma se si continua su quella strada ci si arriverà presto, perciò a maggior ragione è ancora più imperativo invertire la rotta per salvare il salvabile.
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