Dunque, io ho vissuto parecchio in Oriente e ho avuto un paio di fidanzate fra Thailandia e Hong Kong, non so quasi nulla di buddismo ma certamente qualcosa so dell'atteggiamento culturale di quella zona del mondo.
Quello che stupisce un occidentale prima di tutto è la totale assenza del senso di "appartenenza" a una religione. È difficile trovare qualcuno che si
professa di una religione. Viene vista come una filosofia di vita, come un insieme di valori, come un insieme di tradizioni, che non richiede alcun "diritto di ingresso". Mi spiego: in Giappone come a Hong Kong è normalissimo vedere persone che prima vanno a pregare in un tempio shinto, poi in uno buddista e infine in una chiesa cristiana (protestante: in Oriente e soprattutto in Giappone e Hong Kong il cattolicesimo esisto solo sottoforma di piccole cappelle e luoghi di ritrovo per filippini).
Quando chiesi alla mia ragazza di che religione era mi disse che era religiosa, che pregava, ma che non aveva una sua religione: mi disse che pregava spesso Buddha, ma che aveva fatto le superiori e le elementari in un college protestante, e che condivideva moltissimo anche quello che le avevano insegnato là. Quando le chiesi di che religione era sua mamma, mi disse "un attimo che glielo chiedo"
A vent'anni non sapeva di che religione era la madre. Mi disse confuciana, nel senso che onorava ogni giorno gli avi con le classiche offertine di cibo e l'incenso.
Anche il rapporto con i monaci è molto diverso: non sono visti come guide, come parte di un apparato liturgico e gerarchico, ma come buone persone, saggi che, se hai bisogno, parlano con te e ti danno qualche buon consiglio. Una volta, ero in Thailandia in visita a un tempio, spiegai a un monaco questa differenza con la nostra religione. Lui mi rispose con una calma e un sorriso commoventi, che secondo lui era un po' sbagliato contrapporre queste due religioni, poiché il concetto stesso di "due religioni" è inutile, dannoso e non esistente per il grande bene universale.
Detto questo, non conosco bene la parte teologica del buddismo, ma mi affascina moltissimo appunto questo atteggiamento culturale di intimità, privatezza e libertà che lo contraddistingue.
So però anche che esistono anche tantissimi tipi di buddismo, anche piuttosto contrastanti con questa visione: il buddismo tibetano ha una sorta di apparato gerarchico per esempio, simile a quello cattolico, ed è per questo che è così avversato dal regime cinese. Esistono poi anche ordini di monaci guerrieri (il mitico tempio dell'ordine di Shaolin, che non è solo un'invenzione del cinema di kung fu). Ma sono piuttosto pittoreschi, non hanno il potere politico ed economico della Chiesa Cattolica, ovviamente. Vengono visto più come affascinante folclore, in effetti, come spero che verranno viste in futuro anche qui le messe in latino, che finché restano affascinantissime cerimonie che recuperano tradizioni ancestrali e antichissime e non attirano fanatici, ben vengano.
Consiglio, per chi volesse avere un'idea dei punti di contatto fra cristianesimo e buddismo, la visione di un film recente del maestro del cinema d'azione Johnny To. Il film si chiama "Running on Kharma", ed è un film stranissimo (comincia come un film dell'orrore, poi diventa una commedia sentimentale, poi un thriller, poi un film comico, infine termina con una stupefacente e commoventissima lezione teologica), che ha vinto il primo premio come miglior film di Hong Kong nel 2003.
Sostanzialmente, il film, pur essendo commerciale, d'azione, divertente e talvolta "forte", spiega benissimo come il concetto di perdono sia alla base anche del buddismo. In realtà, quello che si chiama "Kharma" vuol dire "conseguenza delle proprie azioni". Per alcune sette buddiste - non tutte - il kharma c'è nelle reincarnazioni, ma esistono buddismi che non credono affatto nelle reincarnazioni vere e proprie, anzi intendono il khrama in senso letterale, come conseguenza delle nostre azioni sull vite degli altri, anche dopo la nostra. Se io faccio una cosa sbagliata e per esempio ammazzo uno, avrò come kharma - come conseguenza appunto - che qualcuno per vendetta vorrà uccidere me o qualche mio caro. Una volta compiutasi la vendetta, la cosa non finisce perché si è compiuto un nuovo omicidio e quindi ciò ha delle conseguenze (un kharma appunto): i cari dell'ucciso si vendicheranno a loro volta,e così via, finché qualcuno non interromperà il cerchio di violenza e di kharma negativi
perdonando. Kharma positivi portano al perpetuarsi di kharma positivi, e ovviamente negativi di negativi.
Ciò in effetti è straordinariamente simile come apparato teoretico a quello del messaggio di Cristo, messaggio ricordiamo rivoluzionario in quanto, insieme a Buddha, ha introdotto per la prima volta nella storia umana il concetto di perdono, di perdono
anche se chi fa del male non è pentito, di perdono disinteressato: per la prima volta infatti si contestava l'equazione giustizia = violenza, alla base del diritto contemporaneo.
Laici, cristiani, buddisti e altri dovrebbero lavorare insieme per costruire la società su questi fondamentali punti in comune. Conservando ovviamente le proprie tradizioni culturali e i propri riti, senza appiattire, globalizzare la propria identità. Alla faccia della battaglia al relativismo etico che un certo qual pontefice sta portando avanti.