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> I Lager Cinesi Che Fabbricano Il Sogno Occidentale
Boris
messaggio 15 Jul 2007 - 13:34
Messaggio #1


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I lavoratori svelano le spaventose condizioni di lavoro
Orari infernali, sfruttamento e paghe da fame
I lager cinesi che fabbricano il sogno occidentale
dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI


Per confezionare un paio di Timberland, vendute in Europa a 150 euro, nella città di Zhongshan un ragazzo di 14 anni guadagna 45 centesimi di euro. Lavora 16 ore al giorno, dorme in fabbrica, non ha ferie né assicurazione malattia, rischia l'intossicazione e vive sotto l'oppressione di padroni-aguzzini. Per fabbricare un paio di scarpe da jogging Puma una cinese riceve 90 centesimi di euro: il prezzo in Europa è 178 euro per il modello con il logo della Ferrari. Nella fabbrica-lager che produce per la Puma i ritmi di lavoro sono così intensi che i lavoratori hanno le mani penosamente deformate dallo sforzo continuo.

Gli operai cinesi che riforniscono i nostri negozi - l'esercito proletario che manda avanti la "fabbrica del mondo" - cominciano a parlare. Rivelano le loro condizioni di vita a un'organizzazione umanitaria, forniscono prove dello sfruttamento disumano, del lavoro minorile, delle violenze, delle malattie. Qualche giornale cinese rompe l'omertà. Ci sono scioperi spontanei, in un Paese dove il sindacato unico sta dalla parte dei padroni. Vengono alla luce frammenti di una storia che è l'altra faccia del miracolo asiatico, una storia di sofferenze le cui complicità si estendono dal governo di Pechino alle multinazionali occidentali.
La fabbrica dello "scandalo Timberland" è nella ricca regione meridionale del Guangdong, il cuore della potenza industriale cinese, la zona da cui ebbe inizio un quarto di secolo fa la conversione accelerata della Cina al capitalismo.

L'impresa di Zhongshan si chiama Kingmaker Footwear, con capitali taiwanesi, ha 4.700 dipendenti di cui l'80% donne. Ci lavorano anche minorenni di 14 e 15 anni. La maggioranza della produzione è destinata a un solo cliente, Timberland. Kingmaker Footwear è un fornitore che lavora su licenza, autorizzato a fabbricare le celebri scarpe per la marca americana. Le testimonianze dirette sui terribili abusi perpetrati dietro i muri di quella fabbrica sono state raccolte dall'associazione umanitaria China Labor Watch, impegnata nella battaglia contro lo sfruttamento dei minori e le violazioni dei diritti dei lavoratori.

Le prove sono schiaccianti. Di fronte a queste rivelazioni il quartier generale della multinazionale ha dovuto fare mea culpa. Lo ha fatto in sordina; non certo con l'enfasi con cui aveva pubblicizzato il premio di "migliore azienda dell'anno per le relazioni umane" decretatole dalla rivista Fortune nel 2004. Ma attraverso una dichiarazione ufficiale firmata da Robin Giampa, direttore delle relazioni esterne della Timberland, ora i vertici ammettono esplicitamente: "Siamo consapevoli che quella fabbrica ha avuto dei problemi relativi alle condizioni di lavoro. Siamo attualmente impegnati ad aiutare i proprietari della fabbrica a migliorare".

I "problemi relativi alle condizioni di lavoro" però non sono emersi durante le regolari ispezioni che la Timberland fa alle sue fabbriche cinesi (due volte l'anno), né risultano dai rapporti del suo rappresentante permanente nell'azienda. Sono state necessarie le testimonianze disperate che gli operai hanno confidato agli attivisti umanitari, rischiando il licenziamento e la perdita del salario se le loro identità vengono scoperte. "In ogni reparto lavorano ragazzi tra i 14 e i 16 anni", dicono le testimonianze interne: uno sfruttamento di minori che in teoria la Cina ha messo fuorilegge. La giornata di lavoro inizia alle 7.30 e finisce alle 21 con due pause per pranzo e cena, ma oltre l'orario ufficiale gli straordinari sono obbligatori.

Nei mesi di punta d'aprile e maggio, in cui la Timberland aumenta gli ordini, "il turno normale diventa dalle 7 alle 23, con una domenica di riposo solo ogni 2 settimane; gli straordinari s'allungano ancora e i lavoratori passano fino a 105 ore a settimana dentro la fabbrica". Gli informatori dall'interno dello stabilimento hanno fornito 4 esemplari di buste paga a China Labor Watch. La paga mensile è di 757 yuan (75 euro) "ma il 44% viene dedotto per coprire le spese di vitto e alloggio". Vitto e alloggio significa camerate in cui si ammucchiano 16 lavoratori su brandine di metallo, e una mensa dove "50 lavoratori sono stati avvelenati da germogli di bambù marci". In fabbrica i manager mantengono un clima d'intimidazione "incluse le violenze fisiche; un'operaia di 20 anni picchiata dal suo caporeparto è stata ricoverata in ospedale, ma l'azienda non le paga le spese mediche".

Un mese di salario viene sempre trattenuto dall'azienda come arma di ricatto: se un lavoratore se ne va lo perde. Altre mensilità vengono rinviate senza spiegazione. L'estate scorsa il mancato pagamento di un mese di salario ha provocato due giorni di sciopero.
Anche il fornitore della Puma è nel Guangdong, località Dongguan. Si chiama Pou Yuen, un colosso da 30.000 dipendenti. In un intero stabilimento, l'impianto F, 3.000 operai fanno scarpe sportive su ordinazione per la multinazionale tedesca. La lettera di un operaio descrive la sua giornata-tipo nella fabbrica. "Siamo sottoposti a una disciplina di tipo militare. Alle 6.30 dobbiamo scattare in piedi, pulirci le scarpe, lavarci la faccia e vestirci in 10 minuti. Corriamo alla mensa perché la colazione è scarsa e chi arriva ultimo ha il cibo peggiore, alle 7 in punto bisogna timbrare il cartellino sennò c'è una multa sulla busta paga. Alle 7 ogni gruppo marcia in fila dietro il caporeparto recitando in coro la promessa di lavorare diligentemente. Se non recitiamo a voce alta, se c'è qualche errore nella sfilata, veniamo puniti. I capireparto urlano in continuazione. Dobbiamo subire, chiunque accenni a resistere viene cacciato. Noi operai veniamo da lontani villaggi di campagna. Siamo qui per guadagnare. Dobbiamo sopportare in silenzio e continuare a lavorare. (...) Nei reparti-confezione puoi vedere gli operai che incollano le suole delle scarpe. Guardando le loro mani capisci da quanto tempo lavorano qui. Le forme delle mani cambiano completamente. Chi vede quelle mani si spaventa. Questi operai non fanno altro che incollare... Un ragazzo di 20 anni ne dimostra 30 e sembra diventato scemo. La sua unica speranza è di non essere licenziato. Farà questo lavoro per tutta la vita, non ha scelta. (...) Lavoriamo dalle 7 alle 23 e la metà di noi soffrono la fame. Alla mensa c'è minestra, verdura e brodo. (...) Gli ordini della Puma sono aumentati e il tempo per mangiare alla mensa è stato ridotto a mezz'ora. (...) Nei dormitori non abbiamo l'acqua calda d'inverno". Un'altra testimonianza rivela che "quando arrivano gli uomini d'affari stranieri per un'ispezione, gli operai vengono avvisati in anticipo; i capi ci fanno pulire e disinfettare tutto, lavare i pavimenti; sono molto pignoli".

Minorenni alla catena di montaggio, fabbriche gestite come carceri, salari che bastano appena a sopravvivere, operai avvelenati dalle sostanze tossiche, una strage di incidenti sul lavoro. Dietro queste piaghe c'è una lunga catena di cause e di complicità. Il lavoro infantile spesso è una scelta obbliga per le famiglie. 800 milioni di cinesi abitano ancora nelle campagne dove il reddito medio può essere inferiore ai 200 euro all'anno. Per i più poveri mandare i figli in fabbrica, e soprattutto le figlie, non è la scelta più crudele: nel ricco Guangdong fiorisce anche un altro mercato del lavoro per le bambine, quello della prostituzione. Gli emigranti che arrivano dalle campagne finiscono nelle mani di un capitalismo cinese predatore, avido e senza scrupoli, in un paese dove le regole sono spesso calpestate. Alla Kingmaker che produce per la Timberland, gli operai dicono di non sapere neppure "se esiste un sindacato; i rappresentanti dei lavoratori sono stati nominati dai dirigenti della fabbrica".

Le imprese che lavorano su licenza delle multinazionali occidentali, come la Kingmaker e la Pou Yuen, non sono le peggiori. Ancora più in basso ci sono i padroncini cinesi che producono in proprio. Per il quotidiano Nanfang di Canton, i due giornalisti Yan Liang e Lu Zheng sono riusciti a penetrare in un distretto dell'industria tessile dove il lavoro minorile è la regola, nella contea di Huahu. Hanno incontrato Yang Hanhong, 27 anni, piccolo imprenditore che recluta gli operai nel villaggio natale. Ha 12 minorenni alle sue dipendenze. Il suo investimento in capitale consiste nell'acquisto di forbici e aghi, con cui i ragazzini tagliano e cuciono le rifiniture dei vestiti. "La maggior parte di questi bambini - scrivono i due reporter - soffrono di herpes per l'inquinamento dei coloranti industriali. Con gli occhi costretti sempre a fissare il lavoro degli aghi, tutti hanno malattie della vista. Alla luce del sole non possono tenere aperti gli occhi infiammati. Lamentano mal di testa cronici. Liu Yiluan, 13 anni, non può addormentarsi senza prendere 2 o 3 analgesici ogni sera. Il suo padrone dice che Liu gli costa troppo in medicinali".

Se mai un padrone venisse colto in flagrante reato di sfruttamento del lavoro minorile, che cosa rischia? Una multa di 10.000 yuan (mille euro), cioè una piccola percentuale dei profitti di queste imprese. La revoca della licenza invece scatta solo se un bambino "diventa invalido o muore sul lavoro". Comunque le notizie di processi e multe di questo tipo scarseggiano. La battaglia contro lo sfruttamento del lavoro minorile non sembra una priorità per le forze dell'ordine.
Tra le marche straniere Timberland e Puma sono il campione rappresentativo di una realtà più vasta. Per le opinioni pubbliche occidentali le multinazionali compilano i loro Social Reports, quei "rapporti sulla responsabilità sociale d'impresa" di cui la Nike è stata il precursore. Promettono trasparenza sulle condizioni di lavoro nelle fabbriche dei loro fornitori. Salvo "scoprire" con rammarico che i loro ispettori non hanno visto, che gli abusi continuano. Diversi auditor denunciano il fatto che in Cina ora prolifera anche la contraffazione delle buste-paga, i falsi cartellini orari, le relazioni fasulle degli ispettori sanitari: formulari con timbri e numeri artefatti per simulare salari e condizioni di lavoro migliori, documenti da dare alle multinazionali perché mettano a posto le nostre coscienze. La Nike nel suo ultimo Rapporto Sociale dice delle sue fabbriche cinesi che "la falsificazione da parte dei manager dei libri-paga e dei registri degli orari di lavoro è una pratica comune".

La parte delle belle addormentate nel bosco non si addice alle multinazionali. I loro ispettori possono anche essere ingenui ma i numeri, i conti sul costo del lavoro, li sanno leggere bene in America e in Germania (e in Francia e in Italia). La Puma sa di spendere 90 centesimi di euro per un paio di sneakers, gli stessi su cui poi investe ben 6 euro in costose sponsorizzazioni sportive. La Timberland sa di pagare mezzo euro l'operaio che confeziona scarpe da 150 euro.

Hu Jintao, presidente della Repubblica popolare e segretario generale del partito comunista cinese, ha accolto lunedì a Pechino centinaia di top manager, industriali e banchieri stranieri venuti per il Global Forum di Fortune. Il discorso di Hu di fronte ai rappresentanti del capitalismo mondiale è stato interrotto da applausi a scena aperta. Il quotidiano ufficiale China Daily ha riassunto il suo comizio con un grande titolo in prima pagina: "You come, you profit, we all prosper". Voi venite, fate profitti, e tutti prosperiamo. Non è evidente chi sia incluso in quei "tutti", ma è chiaro da che parte sta Hu Jintao.

(19 maggio 2005)
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Peve
messaggio 15 Jul 2007 - 14:29
Messaggio #2


Pòch ad bòn
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Beh, queste notizie si sentono già da un bel po' di tempo, come rivela anche la data indicata. Credo che la cosa più grave sia il fatto che quelli che vengono scoperti sono solo la punta dell' iceberg.
Si è cercato di fare qualcosa, ma le iniziative, a mio avviso, sono state un po' scarse e nonostante la cosa sia agghiacciante non ha fatto molto scalpore qui in occidente...
Cioè un gran polverone all' inizio poi non si è saputo più niente, il fatto è che ci sono dentro quasi tutte le più grandi multinazionali e un giro di soldi da fare spavento... e coi soldi si riesce sempre a mettere a tacere tutto... purtroppo.
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Senbee Norimaki
messaggio 17 Jul 2007 - 11:00
Messaggio #3


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È una storia vecchia e, per fortuna, abbastanza isolata.

Oggi ha avuto il suo epilogo:

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/...i_schiavi.shtml

Licenziati anche 95 funzionari governativi
Cina, lavoratori schiavi: condanna a morte
Pena capitale per uno degli uomini accusati di aver vessato centinaia di persone fra cui molti bimbi in una fabbrica di mattoni

PECHINO - È stato condannato a morte in Cina uno degli uomini che avevano ridotto in schiavitù centinaia di persone nella Cina settentrionale. Nello stesso processo, celebrato dal Tribunale Intermedio del Popolo di Linfen (provincia dello Shanxi), 28 persone sono state condannate a pene detentive. Il condannato a morte, Zhao Yanbing, è stato riconosciuto colpevole di aver ucciso uno degli schiavi in una fabbrica di mattoni nella contea di Hongtong, centro dello scandalo. Dopo la scoperta di centinaia di persone ridotte in schiavitù, tra cui alcuni bambini, 95 funzionari governativi sono stati licenziati. Tra i condannati ci sono i proprietari delle fabbriche di mattoni e delle miniere nelle quali erano impiegati gli schiavi.

17 luglio 2007
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graograman
messaggio 17 Jul 2007 - 11:06
Messaggio #4


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CITAZIONE (Senbee Norimaki @ 17 Jul 2007 - 12:00) *
È una storia vecchia e, per fortuna, abbastanza isolata.

Oggi ha avuto il suo epilogo:


NCS

è come lavare con la brusca una zoccola...rimane una zoccola

nemmeno con l'idropulitrice industriale a 80 gradi potresti cambiarla

il caso isolato è quello che hai citato
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el_pablo
messaggio 17 Jul 2007 - 11:09
Messaggio #5


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esatto in cina si andra sempre avanti cosi...sotto un muro di omerta oppressione e schiavismo!la loro cultura è 500 anni indietro...come le prime rivoluzioni industriali in europa e america.
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Boris
messaggio 17 Jul 2007 - 11:13
Messaggio #6


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io scommetto che entro 10 anni sarà molto diverso. putroppo (IMG:http://www.ferraraforum.it/style_emoticons/default/serio.gif)

Messaggio modificato da NvO il 18 Jul 2007 - 13:31
Motivo della modifica: quote inutile
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Senbee Norimaki
messaggio 17 Jul 2007 - 11:16
Messaggio #7


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L'articolo citato da Boris è alquanto esagerato, fa sembrare certe situazioni come addirittura auspicate dal regime. In particolare questo passaggio è completamente campato in aria:

CITAZIONE (Boris @ 15 Jul 2007 - 14:34) *
Hu Jintao, presidente della Repubblica popolare e segretario generale del partito comunista cinese, ha accolto lunedì a Pechino centinaia di top manager, industriali e banchieri stranieri venuti per il Global Forum di Fortune. Il discorso di Hu di fronte ai rappresentanti del capitalismo mondiale è stato interrotto da applausi a scena aperta. Il quotidiano ufficiale China Daily ha riassunto il suo comizio con un grande titolo in prima pagina: "You come, you profit, we all prosper". Voi venite, fate profitti, e tutti prosperiamo. Non è evidente chi sia incluso in quei "tutti", ma è chiaro da che parte sta Hu Jintao.


Wu JinTao è stato il primo Presidente a parlare esplicitamente di diritti dei lavoratori, ha permesso i primi sindacati e ha segnato una specie di rivoluzione sul piano dei diritti umani, arrivando addirittura a prevedere la democrazia come auspicabile, inevitabile e prossima, anche se solo dopo un lungo processo di creazione di una classe borghese, per evitare i problemi che ebbe la Russia quando il processo di lento passaggio alla democrazia (la Glasnost di Gorbachev) fu interrotto bruscamente dall'apertura del mercato voluta da Eltsin.

La Cina sta lottando internamente. Ci sono problemi immani, mi ci vorrebbero dieci pagine per riassumerne solo una parte: la Cina è mondo complessissimo , che la quasi totalità degli occidentali ignora totalmente, ed è impossibile descriverne i problemi e i pregi in poche righe.
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graograman
messaggio 17 Jul 2007 - 11:20
Messaggio #8


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rimane il fatto che il valore di una vita umana è molto basso (in alcune aree geografiche), e non rispettando la convenzione di ginevra sui diritti dell'uomo è un paese non democratico e per questo secondo il mio parere andrebbe boicottato anche a livello economico
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Senbee Norimaki
messaggio 17 Jul 2007 - 11:22
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Boris, El Pablo e Grao: credo che pensiate che la Cina fondi la sua economia sullo schiavismo e la mancanza di diritti. Probabilmente immaginate un popolo triste, schiavizzato, tutt'al più accecato da furori ideologici.
Non è assolutamente così.

Ci sono situazioni terribili nelle province più remote, che sfuggono al controllo del regime. E qui sta il paradosso: più il regime si allarga ai diritti civili e alla democrazia, meno riesce e a controllare le province (per un problema di organizzazione statale che è interessante studiare ed è uno dei parametri grazie al quale si capiscono moltissimi passaggi della storia e della cultura cinese) e, paradossalmente, aumentano le situazioni come questa. Il regime vive in bilico su questo problema, e devo ammettere che, pur tra mille errori, più tanto non è possibile che faccia. Dovremmo dar loro una mano: se da parte nostra l'interesse non fosse solo quello di sfruttarne la mano d'opera sarebbe già un bel passo avanti.
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Boris
messaggio 17 Jul 2007 - 11:22
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CITAZIONE (Senbee Norimaki @ 17 Jul 2007 - 12:16) *
Wu JinTao è stato il primo Presidente a parlare esplicitamente di diritti dei lavoratori, ha permesso i primi sindacati e ha segnato una specie di rivoluzione sul piano dei diritti umani, arrivando addirittura a prevedere la democrazia come auspicabile, inevitabile e prossima


tutto quello che ho letto sulla cina dice il contrario: non c'è volontà/bisongo di arrivare ad una democrazia, le ragioni sono tante e complesse e non ho tempo di stare qua a scriverle.
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Senbee Norimaki
messaggio 17 Jul 2007 - 11:46
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Non so a quali fonti tu abbia attinto, ma tutte quelle orientali e soprattutto occidentali di giornalisti economisti e sociologi che hanno vissuto molto in Cina sostengono il contrario. Anch'io, essendoci stato parecchio, la vedo così: la democrazia è inevitabile, che lo voglia o non lo voglia il regime. E al regime non frega un cazzo che ci sia democrazia o meno, al regime interessa mantenere l'ordine sociale. La parola d'ordina (da 5000 anni a questa parte) è: unione. Non vogliono rivolte, non vogliono separazioni. Se la democrazia non fa rivoltare il popolo, va bene anche quella. Se la censura come strumento provoca più rivolte di quante ne sedi, che si tolga anche la censura (è notizia di oggi, l'ho pubblicata in "Attualità").

Tu sei stato a Pechino, a Shanghai, a ShenZhen? Conosci amici cinesi che ti raccontano quello che succede VERAMENTE in quel paese? Se tu vai a Pechino, basta pagare e hai anche la CNN in albergo. Anche se sei cinese, non fanno distinzione tra locali e turisti. A Pechino c'è più libertà che a Milano. Ma certo, se vai in altre zone è tutto diverso, e ripiombi nel regime cupo, nel terzo mondo. Ma vi assicuro che la volontà dei cinesi è far diventare tutta la Cina come Pechino, non il contrario.

Dovete pensare che la Cina fino a 20 anni fa era il regime più retrogrado, facinoroso e arretrato della Terra, esclusa qualche teocrazia islamica. In 20 anni, da dopo Tienanmen in poi in sostanza, si sta assistendo a una serie di miglioramenti che non ha eguali nella storia dell'umanità: è sbagliato considerarla alla pari di nazioni che non sono più terzo mondo da centinaia di anni.

La Cina, dal punto di vista dei diritti civili e quello economico, dovreste immaginarla come era l'Italia nel dopoguerra: un boom economico senza eguali, in un paese disastrato in cui la vendetta politica e l'omicidio sono ancora all'ordine del giorno, un paese terra di conquista per investimenti esteri, che basa moltissimo del suo boom sul lavoro quasi disumano di operai, donne e bambini, paradossalmente felici di lavorare in condizioni che oggi noi riterremmo disumane, perché molto migliori di quelle di pochissimi anni prima.

Noi non dobbiamo incoraggiare lo sfruttamento, ma non dobbiamo nemmeno chiudere le porte a questo gigante scricchiolante ma potenzialmente maestoso: dobbiamo cooperare attivamente da una parte per incoraggiarne la crescita sul piano dei diritti civili (investendo soprattutto nella VENDITA di beni a nuovi clienti cinesi) e dall'altra per scoraggiarne gli aspetti più deleteri. La Cina è come una pianta che sta crescendo mostruosamente: tarparla è sbagliato, lasciarla crescere selvaggiamente anche. Bisogna aiutarne la crescita facendole trarre e traendone profitti, in armonia con il resto del mondo. Che è poi quello che vogliono gran parte dei cinesi e dei politici di nuova generazione.

Mi scuso, ho semplificato troppo. È un problema fottutamente complesso.
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graograman
messaggio 17 Jul 2007 - 11:51
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mo stellassa bella, ti basta far due chiacchere con farinazzo o vedere (mi pare report o un ballarò incentrato su quel tema) per capire che a tutti, ma proprio a tutti conviene che ci sia uno stato schiavista che se ne fotte dei diritti umani e produce a manetta, non insultare la mia intelligenza
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Boris
messaggio 17 Jul 2007 - 12:13
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CITAZIONE (Senbee Norimaki @ 17 Jul 2007 - 12:46) *
Tu sei stato a Pechino, a Shanghai, a ShenZhen? Conosci amici cinesi che ti raccontano quello che succede VERAMENTE in quel paese? Se tu vai a Pechino, basta pagare e hai anche la CNN in albergo. Anche se sei cinese, non fanno distinzione tra locali e turisti. A Pechino c'è più libertà che a Milano. Ma certo, se vai in altre zone è tutto diverso, e ripiombi nel regime cupo, nel terzo mondo. Ma vi assicuro che la volontà dei cinesi è far diventare tutta la Cina come Pechino, non il contrario.


ho letto qualcosa di giornalisti e sociologi che hanno vissuto in cina.
non è avere la cnn in albergo o la ferrari in garage che ti fa vivere in uno stato "non dittatoriale".
inoltre ricordo che il boom cinese è stato reso possibile dalla dittatura ( in italia ci si mette 20 anni per fare una galleria tra verdi e no global rompi palle, in cina no ) e i margini di miglioramento sono ancora enormi, e c'è x questo il bisongo della dittatura per fare le cose in modo efficente per i prossimi anni.
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Senbee Norimaki
messaggio 17 Jul 2007 - 13:19
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No ma Boris infatti non ho parlato di Ferrari, ho parlato di CNN in albergo, ho parlato di scioperi e di sindacati autonomi, che è molto diverso. E la Cina è sempre meno dittatoriale, per due fenomeni paralleli: il primo è quello dell'effettiva volontà di una parte del partito di passare gradualmente alla democrazia (ma questo provoca l'effetto collaterale del tipico cerchiobottismo cinese sulle questioni importanti), e il secondo è il disfacimento strutturale del regime, che però provoca l'effetto collaterale di lasciare certe campagne in balia di funzionari corrotti, zone da cui vediamo arrivare tutte quelle notizie terribili a cui siamo ormai abituati.

Grao, hai perfettamente ragione su quel punto, non l'ho mai contestato: è proprio per questo che dico che il futuro dei diritti civili cinesi non dipende solo dai cinesi ma dipende paradossalmente anche - forse soprattutto - da noi. Non è un'utopia cambiare atteggiamento nei confronti della Cina, perché la Cina non è solo manodopera a basso costo da sfruttare come abbiamo colpevolmente fatto nei paesi dell'Est europeo, ma è anche una fucina enorme di talenti, di cultura, di economia esplosiva. Questo è il punto: sbarrare la strada alla Cina significa solo farla alleare con gli USA e non cambiare un bel nulla. Europeizzare la Cina, mostrandoci compiacenti nei loro confronti a patto che seguano uno sviluppo di tipo europeo (liberal socialista) è l'unica strada che potrebbe risolvere il problema. E non è un'utopia perché moltissimi imprenditori e politici europei - ma ahimè quasi nessuno italiano - stanno facendo patti con la Cina in questo senso, e non in senso di sfruttamento della mano d'opera.

Confondere la Cina con l'Est Europeo è un errore madornale, perché pur essendoci in comune il fenomeno della manodopera a basso costo, si tratta di una realtà molto diversa, con fattori nuovi molto più influenti di quello della manodopera.

Messaggio modificato da Senbee Norimaki il 17 Jul 2007 - 13:24
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Boris
messaggio 17 Jul 2007 - 13:26
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CITAZIONE (Senbee Norimaki @ 17 Jul 2007 - 14:19) *
No ma Boris infatti non ho parlato di Ferrari, ho parlato di CNN in albergo, ho parlato di scioperi e di sindacati autonomi, che è molto diverso. E la Cina è sempre meno dittatoriale, per due fenomeni paralleli: il primo è quello dell'effettiva volontà di una parte del partito di passare gradualmente alla democrazia (ma questo provoca l'effetto collaterale del tipico cerchiobottismo cinese sulle questioni importanti), e il secondo è il disfacimento strutturale del regime, che però provoca l'effetto collaterale di lasciare certe campagne in balia di funzionari corrotti, zone da cui vediamo arrivare tutte quelle notizie terribili a cui siamo ormai abituati.


mi sembra di ricordare che i rappresentanti dei lavoratori sono scelti dai datori di lavoro, ovvero dagli stessi che gli "sfruttano". cmq anche se le motivazioni che riporti possono essere verosimili e reali ti invito a rileggere il mio post precedente dove ho "messo in evidenza" il rapporto inscindibile tra progresso e dittatura

Messaggio modificato da Boris il 17 Jul 2007 - 13:27
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Senbee Norimaki
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Quelli sono i sindacati di regime, lo so. Ma dicevo: sono nati alcuni piccoli sindacati autonomi, veri, a Shanghai e Pechino.

Sul rapporto fra dittatura e sviluppo: non ci credo. L'idea per cui in una dittatura lo sviluppo economico sia più possibile è dovuto alla confusione tra burocrazia e forma di governo, e dà per sontato che le dittature siano efficienti e le democrazie burocratizzate. Non è così: la Cina stessa in 50 anni di dittatura ha preso tante decisioni drastiche e riforme tipiche del decisionismo dittatoriale, che hanno portato a disastri immani e involuzioni economiche gigantesche. Basti pensare al Big Step Forward. Ma anche alla Stagione dei Cento Fiori, per non parlare della Rivoluzione Culturale. Anzi, ha cominciato a svilupparsi economicamente proprio da quando il regime si è allentato, facci caso.
E il secondo boom economico più grande della storia umana è quello statunitense, una democrazia per allora fra le più democratiche del pianeta. E la Rivoluzione Industriale nasce proprio in Inghilterra, la patria assoluta della democrazia. Ma anche in Italia, lo sviluppo economico che ci fu durante il Fascismo fu relativo soprattutto a grandi opere e a scapito di un debito pubblico pazzesco, cioè uno sviluppo economico destinato a sgonfiarsi (disastrosamente), e comunque minimamente paragonabile all'incredibile sviluppo economico che ebbe l'Italia quando arrivò la democrazia, durante il boom degli anni 50 e 60.
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