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> Uccidere La Gente, molto importante
Galen
messaggio 22 Aug 2008 - 14:41
Messaggio #26


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Bravo, stavo per postarla anch'io: un caso tra i più interessanti e particolari
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Frabe
messaggio 22 Aug 2008 - 14:46
Messaggio #27


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« Finì nel pentolone, come le altre due (…); la sua carne era grassa e bianca, quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose accettabili. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori: quella donna era veramente dolce. »

Vi prego, ha scritto una biografia questa? (IMG:style_emoticons/default/icon_mrgreen.gif)

La perizia del professor Filippo Saporito, docente all'università di Roma e direttore del manicomio criminale di Aversa, riesce a convincere la giuria della seminfermità mentale dell'imputata seguendo le teorie di Cesare Lombroso, allora molto in voga.

Questo è altrettanto agghiacciante. (IMG:style_emoticons/default/icon_eek.gif)

Messaggio modificato da Frabe il 22 Aug 2008 - 14:57
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Maifermo
messaggio 22 Aug 2008 - 15:25
Messaggio #28


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Secondo me sono cose incredibili.
Un conto è se una persona ammazza qualcuno per gelosia o rabbia.
A volte capita che si ammazzi solo per il gusto di farlo, per ragioni non precise o totalmente futili.
Il senso di invincibilità che dà il potere di togliere la vita è sufficiente per giustificare un serial killer.
Immagino che ci possano essere delle scariche di adrenalina fortissime ma sono convinto che negli omicidi seriali la sensazione sfumi dopo i primi, o forse diventa come una droga??
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Galen
messaggio 22 Aug 2008 - 15:42
Messaggio #29


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In realtà penso non ci sia una motivazione comune, ma che sia diverso per ognuno di loro. Spesso però vogliono ricreare particolari condizioni e sensazioni già provate (vedi anche la ritualità del modus operandi).
Difficile che la loro follia omicida diminuisca col tempo, moltissimi di loro ammettono di non riuscire a fermarsi e che se non sarebbero stati presi avrebbero continuato ad uccidere.
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neil
messaggio 22 Aug 2008 - 19:23
Messaggio #30


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si è tutta una cosa psicologica secondo me..non ci sono fini pratici.cioè non è che elimini qualcuno per ottenerne un qualche vantaggio,penso sia piu una questione di stimoli secondo me
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A.L.G.
messaggio 22 Aug 2008 - 20:01
Messaggio #31


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il caso della Cianciulli "la saponatrice di Correggio" è stato uno dei più tremendi


(IMG:http://www.occhirossi.it/biografie/foto-serial-killer/Leonarda.jpg)
Leonarda Cianciulli è passata alla storia per i tre omicidi (numero minimo per essere riconosciuti come Serial Killer) compiuti con incredibile freddezza, ma anche per le sue dichiarazioni in tribunale e soprattutto per il suo memoriale: "Confessioni di un'anima amareggiata".
Un libro di 700 pagine, una sorta di autobiografia che la Cianciulli scrisse dopo la condanna, narrando la propria storia e riportando fedelmente le descrizioni degli omicidi da lei compiuti.
Su di quel libro, processo a parte, si basa tutto ciò che si conosce della storia della Saponificatrice di Correggio. Vi ricordiamo che la donna è finita in manicomio, perciò ogni riferimento a magie, maledizioni, sogni premonitori e profezie zingaresche potrebbe non corrispondere a realtà, ma essere soltanto un parto della mente malata di Leonarda Cianciulli.

Leonarda nasce a Montella di Avellino nel 1893, concepita in seguito a una violenza carnale subita da Emilia Di Nolfi. Emilia sarà costretta a sposare il suo violentatore e odierà per sempre quella creatura, anche dopo aver divorziato ed essersi risposata con Mariano Cianciulli, dal quale avrà altri figli.
Leonarda è una bambina debole, malaticcia ed epilettica ed è maltrattata dalla madre, mentre i fratelli la isolano e la trattano allo stregua di una paria.
La sfortunata bambina cerca di sfuggire alla propria situazione famigliare tentando più volte il suicidio ma è sfortunata anche da quel punto di vista:
"Cercai due volte di impiccarmi; una volta arrivarono in tempo a salvarmi e l'altra si spezzò la fune. La mamma mi fece capire che le dispiaceva di rivedermi viva. Una volta ingoiai due stecche del suo busto, sempre con l'intenzione di morire e mangiai dei cocci di vetro: non accadde nulla".
Nonostante non sia una grande bellezza (grassa e dal viso mascolino), Leonarda trova nell'addolescenza una via di consolazione alla sua triste vita: la compagnia maschile.
Un bel giorno uno dei tanti uomini da lei frequentati, l'impiegato statale Raffaele Pansardi, la sposa e la porta via dalla madre. I due coniugi Pansardi si trasferiscono infatti a Lariano, un paesino dell'Alta Irpinia…sul quale, poco tempo dopo, si abbatte un terribile terremoto. Leonarda e suo marito cadono in rovina e si trasferiscono nuovamente, questa volta in Emilia Romagna, a Correggio (Reggio Emilia).
Il paesello verrà reso famoso dalla Saponificatrice, ancora prima che da Ligabue.
I cittadini accolgono bene la coppia, che vive in Via Cavour 11A. Leonarda si ingegna in un commercio di abiti usati. Grazie a questo commercio e grazie al rimborso danni per il terremoto, la coppia risolleva ben presto la propria economia, tanto da permettersi una collaboratrice domestica.
Nonostante la nuova situazione economica, la donna non riesce a godersi la vita perché è ossessionata dalla maledizione che sua madre ha pronunciato in punto di morte, una maledizione che le augura una vita piena di sofferenze. Come se ciò non bastasse, anni prima una zingara le aveva fatto una terribile profezia, la cui prima parte recitava: "Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi".
Mai predizione fu più veritiera: le sue prime 13 gravidanze finiscono con 3 aborti spontanei e 10 neonati morti nella culla.
Dopo l'intervento di una "strega" locale, Leonarda riesce finalmente a portare a termine non una, ma ben quattro gravidanze. Un caso? Auto- condizionamento? Magia? Non lo potremo mai dire con certezza, ma sta di fatto che adesso Leonarda Cianciulli non è più la bambina che cerca il suicidio per sfuggire a una vita priva di amore materno, il destino l'ha trasformata in una madre disposta ad uccidere chiunque provi a strapparle via quei 4 preziosi doni del destino.

È il 1939, Giuseppe, il primogenito, è iscritto a lettere all'Università di Milano, Bernardo e Biagio frequentano il ginnasio, Norma l'asilo delle suore.
C'è una guerra alle porte, l'angoscia di Leonarda è sempre maggiore, sopratutto teme che l'esercito si porti via il suo Giuseppe, a combattere contro gli Alleati.
Memore dell'intervento magico compiuto anni prima della strega, e andato a buon fine, Leonarda trova ben presto la soluzione al suo problema: la magia.
"Non potevo sopportare la perdita di un altro figlio. Quasi ogni notte sognavo le piccole bare bianche, inghiottite una dopo l'altra dalla terra nera...per questo ho studiato magia, ho letto i libri che parlano di chiromanzia, astronomia, scongiuri, fatture, spiritismo: volevo apprendere tutto sui sortilegi per riuscire a neutralizzarli".
Leonarda si rivela un'ottima "apprendista", in poco tempo diventa una maga rinomata nella zona. Fa gli oroscopi e legge le carte alle amiche e alle persone (soprattutto donne sole) che si recano nel suo studio magico, ma la Saponificatrice fa le carte anche su se stessa, nella speranza di conoscere il destino di Giuseppe.

Una notte i sogni spaventosi di Leonarda scompaiono e al loro posto appare una Madonna. In braccio porta un Gesù bambino nero e spiega alla donna cosa deve fare: ci vogliono dei sacrifici umani per salvare i suoi figli.
La novella maga decide così di passare al setaccio tutte le proprie clienti, fino a quando non trova tre potenziali vittime che fanno al caso suo: tre donne sole, mature e disposte a tutto pur di cambiare la loro triste e noiosa vita a Correggio.
È il momento di agire.
La prima vittima si chiama Faustina Setti, una settantenne che non ha ancora perso le speranze di trovare marito e che si consulta spesso con la maga per conoscere il proprio destino amoroso.
Leonarda le legge le carte, le promette che sono in arrivo novità e un giorno le comunica finalmente la "lieta" novella: un ricco amico della Cianciulli stessa, e residente a Pola, ha deciso di sposarsi, e ha visto in Faustina Setti la sua donna ideale. Leonarda consiglia all'amica di vendere tutti i propri averi e di non fare parola con nessuno su questa storia, per non scatenare inutili invidie.
Il giorno della partenza Faustina si presenta, tinta truccata ed eccitata come una bambina, dalla maga sua amica, per gli ultimi saluti di rito.
La Cianciulli le offre un caffè, anche se ci sarà da aspettare un po': il fornello è occupato da un enorme pentolone pieno d'acqua bollente sul fuoco, è ora di fare una scorta di sapone per l'inverno! Nell'attesa del caffè, consiglia perciò alla Setti di guadagnare tempo, magari scrivendo delle lettere ai parenti, nelle quali annuncia che l'incontro con l'uomo è andato a buon fine.
Mentre la settantenne, mezza analfabeta, si affatica sulle lettere, Leonarda prende la scure e le spacca la testa. Il corpo viene sezionato in nove parti, il sangue raccolto in un catino per scopi ben poco ortodossi…
"...gettai i pezzi nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica, che avevo comprato per fare il sapone, e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi, che vuotai in un vicino pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina, impastando il tutto. Feci una grande quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giuseppe e io".
Il giorno dopo la Saponificatrice manda l'ignaro Giuseppe a Pola, a imbucare le lettere scritte dalla povera Faustina innamorata.

La seconda vittima si chiama Francesca Soavi. È una donna molto attiva, che si sente in gabbia nel paesino Emiliano, così si reca spesso da Leonarda perché vuole sapere dalle carte se troverà mai un posto di lavoro in qualche altra città.
La Cianciulli le promette che a Piacenza c'è ad aspettarla un posto da maestra elementare in un collegio femminile. La donna ringrazia entusiasta e, come Faustina, una fredda mattina del settembre 1940 si reca a salutare la maga, per ringraziarla dell'aiuto.
Anche se con qualche difficoltà in più, Leonarda convince Francesca a non fare parola con nessuno e a scrivere le solite lettere d'addio. Poi compie il suo secondo sacrificio umano.
Questa volta ruba i soldi dalle tasche della vittima e, giorni dopo, si presenta alla famiglia dicendo che è stata incaricata da Francesca a vendere tutte le sue cose.
Giuseppe intanto viene mandato a imbucare delle lettere a Piacenza.

Terza e ultima vittima. Virginia Cacioppo è una cinquantatreenne ex cantante lirica, che non riesce ad accettare l'età e che passa le giornate ricordando malinconicamente i passati successi artistici.
Leonarda la convoca nel suo studio e le promette che un suo amante, dirigente di un fantomatico teatro di Firenze, sarebbe disposto ad assumere Virginia come segretaria e, eventualmente, potrebbe anche inserirla in qualche spettacolo. La cantante lirica accetta entusiasta e, per rispetto nei confronti dell'amica, non racconta a nessuno del misterioso amante-dirigente di Firenze che la vuole assumere.
Il 30 settembre 1940 si ripete alla perfezione l'ormai solito copione di morte della Saponificatrice.
"Finì nel pentolone, come le altre due. La sua carne era grassa e bianca, quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle belle saponette cremose. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori: quella donna era veramente dolce".

A incastrare Leonarda Cianciulli non saranno né un errore madornale né un investigatore geniale, come succede in tutte le storie di assassini seriali, ma saranno bensì una parente impicciona e un prete avido.
Il 30 settembre 1940, prima di sparire, la Cacioppo era stata seguita da una cognata, curiosa di sapere perché Virginia le aveva venduto tutti i vestiti. La donna, non vedendo più uscire Virginia dalla casa in Via Cavour, si insospettisce e mette in guardia la questura. La questura stessa, poco tempo dopo, durante dei controlli, incappa in un Buono del Tesoro della Cacioppo, depositato alla Banca di San Prospero da un prete di campagna.
Interrogato dagli inquirenti il parroco confessa di aver comprato il Buono da A. Prosperi, amico-amante della Cianciulli.
Leonarda è alle strette. Il questore vuole spiegazioni, ma è nuovamente la Madonna con il Gesù nero ad apparirle in sogno e a dirle di confessare tutto.

EPILOGO
Durante il processo (1946), la mamma assassina, sarà costretta nuovamente a difendere l'adorato Giuseppe dall'accusa di averla aiutata negli omicidi.
Gli inquirenti giustamente hanno diversi dubbi sulle possibilità che una donna di cinquanta anni, alta un metro e cinquanta e tarchiata, sia riuscita da sola uccidere e sezionare tre esseri umani.
Così Leonarda, pur di salvare dalle accuse Giuseppe, propone alla corte di eseguire per loro ciò che ha fatto alle altre donne. A sorpresa il giudice accetta la proposta e vengono fatti portare nell'aula il cadavere di un vagabondo, un pentolone e una scure. In 12 minuti netti, sotto agli sguardi allibiti dei magistrati e degli avvocati, il vagabondo viene sezionato, smembrato e bollito per fare saponette. Leonarda è la sola colpevole. Il prete e il suo amante se la cavano con un'accusa di ricettazione.
Condannata a 30 anni di carcere e 3 anni di manicomio, Leonarda passa la sua condanna nelle strutture di Pozzuoli e Aversa, lavorando all'uncinetto, facendo il discorso di benvenuto ai funzionari ministeriali in visita e cucinando biscotti per tutte le sue compagne. A questo proposito, una suora che l'ha conosciuta ricorda: "Malgrado gli scarsi mezzi di cui disponevamo preparava dolci gustosissimi che nessuna detenuta però, si azzardava a mangiare. Credevano che contenessero qualche sostanza magica."
Il 15 settembre 1970, in seguito a apoplessia celebrale, la Cianciulli si è spenta nel manicomio criminale di Pozzuoli ed è stata seppellita nella fossa comune della città campana.
Alla sua misteriosa figura di madre (e quindi di dispensatrice di vita) che si trasforma in terribile assassina sono ispirati il film "Gran Bollito" di Bolognini, lo spettacolo teatrale "Amore E Magia Nella Cucina Di Mamma" della Wertmuller e "Cianciulli!" della band Heavy Metal AFA, ma anche pagine su pagine di libri.


Fonte: occhirossi.it
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Stefano79
messaggio 26 Aug 2008 - 15:21
Messaggio #32


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CITAZIONE (HiroNakamura @ 22 Aug 2008 - 14:48) *
Accipoffi non sono stato l'unico a cogliere la citazione cicciputtiana... (IMG:style_emoticons/default/sarcastica.gif)
Ma te Stefano, di cognome come fai? Belisari? (IMG:style_emoticons/default/sarcastica.gif)

sono in incognito non dirlo a nessuno, mi sono tagliato le sopracciglia apposta (IMG:style_emoticons/default/sarcastica.gif)
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neil
messaggio 2 Sep 2008 - 11:31
Messaggio #33


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riprendo questo topic per riportare un caso,che mi pare nessuno abbia ancora citato (IMG:style_emoticons/default/gratta.gif) ,un serial killer americano abbastanza importante,Ted Bundy..qui c'è tutta la storia:
http://it.wikipedia.org/wiki/Ted_Bundy
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Galen
messaggio 2 Sep 2008 - 12:06
Messaggio #34


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Ah bè, se usciamo dall'Italia non finiamo più... nessuno ha citato neanche Jack lo Squartatore allora (IMG:style_emoticons/default/icon_mrgreen.gif)
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neil
messaggio 2 Sep 2008 - 12:08
Messaggio #35


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va be ma questo è piu contemporaneo...tosto comunque lui li,me la son letta l'altro giorno la storia..
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Galen
messaggio 2 Sep 2008 - 12:12
Messaggio #36


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Allora leggi di Andrei Chikatilo... pensa che in parte ha ispirato la figura di Hannibal Lecter
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2pac
messaggio 2 Dec 2008 - 02:40
Messaggio #37


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Non so se sia il topic giusto.
Stasera ho guardato Porta a Porta dove si ripercorreva la vicenda di Erba.
C'erano le confessioni di quei due assassini che non chiamo per nome perchè li considero alla pari di esseri immondi e inanimati.
Quando è finito il programma avevo un senso di nausea e vomito, è agghiacciante vedere come questi hanno prima confessato, poi smentito, poi definitivamente ammesso una atrocità simile. La cosa terribile è sentire il tono di voce, come se stessero parlando di un film visto al cinema.
Mai una parola di dispiacere, mai un pentimento anche solo accennato, mai il tono di voce commosso quando ripensavano di aver ammazzato un BAMBINO e altre tre persone innocenti, di cui tre donne.
Solo la richiesta di potersi vedere in carcere. Tra loro due, sti bastardi, che meriterebbero di essere isolati dal mondo a vita.
Ma come cazzo si fa? Come si fa a togliere la vita a qualcuno?
Come si fa ad uccidere innocenti oltretutto con ferma volontà?
E la lucidità con cui raccontavano il tutto, in aula, guardando dritto in faccia le famiglie delle vittime, non riesce a farmi pensare che questi forse son malati di mente, deviati, psicopatici.
Io li vedo come assassini, hanno ucciso.
Meritano l'ergastolo, meritano di morire di fame e stenti in celle di un metro, in mezzo ai loro escrementi.
Scusate il tono, scusate la rabbia, ma sono stomacato dopo quello che ho visto e sentito stasera.
L'unica cosa che in un qualche modo mi ha riconciliato, è stato vedere e sentire con quale umanità, compostezza e carattere i familiari della vittime parlavano di questa orrenda, assurda, atroce vicenda.
Una compostezza che nei confronti di simili merde io non avrei mai avuto, e che a loro invidio. (IMG:style_emoticons/default/sisi.gif)
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Edoardo83
messaggio 2 Dec 2008 - 10:02
Messaggio #38


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CITAZIONE (Galen @ 2 Sep 2008 - 12:12) *
Allora leggi di Andrei Chikatilo... pensa che in parte ha ispirato la figura di Hannibal Lecter


(IMG:style_emoticons/default/icon_eek.gif) (IMG:style_emoticons/default/icon_eek.gif) (IMG:style_emoticons/default/icon_eek.gif)

http://it.wikipedia.org/wiki/Andrei_Chikatilo

e che dire di Jeffrey Dahmer detto anche il "mostro di Milwaukee"?

http://it.wikipedia.org/wiki/Mostro_di_Milwaukee
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messaggio 2 Dec 2008 - 11:58
Messaggio #39


Pòch ad bòn
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CITAZIONE (Gnomo in Trench @ 22 Aug 2008 - 10:04) *
Uccidere la gente
è illegale

Pare proprio che, secondo l'attuale
legislazione, sia illegale togliere
la vita alla gente intenzionalmente.
Me l'ha detto un mio amico, che in
genere non dice cazzate, quindi la
notizia sembra attendibile.
Penso che questo fatto sia poco
risaputo, e ritengo che questa
vergognosa disinformazione sia
la maggiore causa dei delitti che
vengono compiuti attualmente.

è una cosa comica?
perchè a me pare una kazzata.
(IMG:style_emoticons/default/rofl.gif)
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LauraDLM
messaggio 2 Dec 2008 - 13:09
Messaggio #40


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Proporrei un altro serial killer alla vostra attenzione: Gianfranco Stevanin, agricoltore di Terrazzo, in provincia di Verona, probabilmente il serial killer più pervertito.

La sera del 16 novembre 1994, a Vicenza, Stevanin avvicina una prostituta austriaca e le chiede quanto vuole per delle foto. Gabriele Musger, la prostituta, gli chiede un milione di lire ed esige che non le venga fotografato il volto. Nel casolare dell’uomo, la povera Musger è sottoposta per ore a rapporti violenti, giochi erotici estremi, ed è costretta a farsi scattare foto pornografiche. Tenta anche di fuggire dalla finestra del bagno, ma la trova sigillata. Quando la ragazza rifiuta di farsi legare nuda al tavolo, di schiena, con gli occhi bendati, per farsi scattare altre foto, Stevanin si infuria, la minaccia con una pistola e con un taglierino. La prostituta ha paura, lo supplica, gli offre 25 milioni di lire per farsi liberare. Stevanin accetta di buon grado, prima però esige un altro rapporto sessuale. I due salgono quindi in macchina, diretti alla casa di Gabriele, dove sono i 25 milioni. Al casello di Vicenza Ovest, mentre Gianfranco Stevanin è intento a pagare il pedaggio, Gabriele Musger lo beffa, si lancia fuori dall’auto e corre in direzione di una pattuglia della Polizia Stradale, ferma proprio lì vicino. La donna denuncia il proprio cliente per violenza sessuale e, poiché nell’auto viene rinvenuta una pistola giocattolo priva del tappo rosso, la polizia è costretta ad arrestare Gianfranco Stevanin.

Mentre Stevanin è in fermo, vengono compiuti i primi sopraluoghi presso la sua abitazione di Terrazzo. Durante le perquisizioni, i carabinieri trovano diverso materiale incriminante, che viene immediatamente messo sotto sequestro: un taglierino, due pistole giocattolo, indumenti intimi, capi d'abbigliamento femminile, borsette da donna ed i documenti di cinque ragazze. Poi ancora, circa 150 contenitori di foto, per un totale di oltre 7000 fotografie, negativi non ancora sviluppati, decine di videocassette porno, una capigliatura bionda, contenitori con peli pubici, giornali pornografici, lettere ad amanti e fidanzate, santini ed immagini di libri sacri (soprattutto Padre Pio), riviste, romanzi, enciclopedie di medicina, atlanti di anatomia, volumi sull'uso della macchina fotografica e, infine, le famose "schede" sulle prestazioni di alcune donne, che saranno fondamentali a collegarlo con le vittime.
Relativamente ai capelli ed ai peli, Stevanin, in un primo momento, informa che sono di tre o quattro donne, successivamente dice di averne rasate parecchie, non ricorda però il numero preciso.
I libri e le lettere saranno invece molto importanti per la costruzione del profilo psicologico del criminale.

Per la polizia, Gianfranco Stevanin non è ancora un Serial Killer, è semplicemente un pervertito che ha minacciato e violentato una prostituta austriaca a scopo di estorcerle 25 milioni. Perciò viene condannato semplicemente a tre anni di carcere. C’è però qualcosa che insospettisce gli inquirenti: tra i documenti e gli indumenti, rinvenuti durante le perquisizioni nella casa di Terrazzo, ci sono anche quelli appartenenti a Biljana Pavlovic, cameriera serba di 25 anni, residente ad Arzignano (Vicenza), della quale non si hanno notizie dall'agosto del 1994, e di Claudia Pulejo, 29 anni, tossicodipendente di Legnago (Verona) che risulta scomparsa il 15 gennaio dello stesso anno. Le due ragazze figurano anche nelle schede delle prestazioni. Stevanin dice che gli abiti sono un pegno d’amore che gli avrebbero lasciato le due ragazze, ma è davvero difficile immaginare che siano uscite dalla sua villa nude. E per andare dove?

Il 3 Luglio 1995, sempre a Terrazzo, poco distante dalla casa di Stevanin, un agricoltore trova in un fosso, in disuso da tempo, un sacco contenente un cadavere.
È passato quasi un anno dall’arresto del perverso Gianfranco Stevanin e, grazie a un incredibile colpo di fortuna, è emersa la sua prima vittima. Ci vorrà un altro anno prima che il killer confessi le sue colpe, ma intanto le indagini cominciano seriamente, condotte dai carabinieri e da un nuovo magistrato, Maria Grazia Omboni. Tre giorni dopo il ritrovamento fortuito, Stevanin, adesso indagato per omicidio volontario ed occultamento di cadavere, viene trasferito nel carcere di massima sicurezza di Montorio, e a Terrazzo arrivano le ruspe.
12 Novembre 1995. Viene trovato il cadavere di una giovane donna, piegato in due, avvolto in un ampio telone blu del tipo usato in agricoltura, e sepolto ad un'ottantina di centimetri di profondità. A differenza del 3 Luglio, questa volta il ritrovamento non è casuale e, soprattutto, non è in un luogo qualsiasi: il cadavere è stato sotterrato proprio in un podere della famiglia di Gianfranco Stevanin. Dopo gli esami del DNA e la ricostruzione del volto, viene appurato che si tratta di Biljana Pavlovic.
1 Dicembre 1995. Viene disseppellito il terzo e ultimo cadavere, sempre avvolto in un bozzolo di pellicola trasparente: è Claudia Pulejo.
Nel giro di pochi mesi Gianfranco Stevanin è diventato da uno stupratore a essere “il mostro di Terrazzo”.
Gli omicidi contestati a Stevanin non sono solo i tre legati ai cadaveri ritrovati, bensì cinque, due dei quali sono solo supposti. Tra le foto rinvenute durante le perquisizioni, è stata infatti riconosciuta Roswita Adlassnig, una prostituta austriaca scomparsa da tempo, mentre in un’altra foto si vede una donna, mai identificata, ritratta in una pratica erotica estrema e che, apparentemente, sembrerebbe essere priva di vita.

Comincia il braccio di ferro tra gli inquirenti e Gianfranco Stevanin. L’uomo racconta delle cose, poi nega, ha dei vuoti di memoria e sembra confuso. Solo in futuro scopriremo che è tutta una finzione per sembrare incapace di intendere e di volere, per farla franca alla giustizia.

Nel frattempo vengono predisposte anche le tre perizie d’obbligo per questi casi di processo: una d’ufficio, una della difesa e una dell’accusa.

Gli esperti si incontrano diverse volte con l’imputato. Dialogano con lui della sua vita, di sua madre soprattutto, e alla fine tirano le loro conclusioni. Per i periti dell’accusa e per quelli del tribunale, Gianfranco Stevanin è un individuo sano, abbastanza intelligente (Q.I. 114), calcolatore. Non soffre assolutamente di disturbi psicosomatici o del comportamento. Sicuramente il rapporto con la madre iperprotettiva e le disavventure della sua vita lo hanno segnato in qualche modo, è comunque in grado di intendere e di volere ed è perciò processabile. Di idea completamente diversa sono i periti della difesa, che cercano di ricondurre tutti i problemi di Gianfranco a quel fatidico incidente in moto del 1976. Secondo la difesa, Stevanin, in seguito all’incidente, “ha sofferto di una complessa sindrome psicopatologica su base organica di origine post-traumatica, ben dimostrabile sul piano strutturale e funzionale (esami TAC e RMN), che interessa entrambi i lobi frontali, il lobo temporale destro ed alcune strutture profonde del sistema limbico, sede degli istinti, dell'aggressività e della memoria”. In parole povere, per colpa dell’incidente Stevanin soffre di disturbi alla memoria e al comportamento, che lo rendono aggressivo e smemorato.

Tra il 19 luglio e il 23 agosto del 1996, a modo suo, Gianfranco Stevanin decide finalmente di “confessare” quattro delitti: quattro ragazze gli sono morte tra le braccia, tre durante rapporti sessuali spinti all'estremo, una, la Pulejo, per overdose da eroina. Ci sono voluti tre interrogatori per delineare meglio la vicenda della terza vittima. Sarebbe una studentessa universitaria, incontrata solo tre o quattro volte.
Stevanin spiega i delitti in maniera strana, come sogni, come lontani ricordi, come momenti in cui agiva senza sapere quello che stava facendo, e liquida molti particolari con un freddo “non ricordo”. Racconta, sotto forma di deduzioni o presunzioni, di aver sezionato il cadavere della studentessa, al fine di occultarlo. Le avrebbe tagliato prima gli arti, le gambe, poi le braccia, ricavando due pezzi per ogni arto. Ricorda vagamente che la ragazza era abbastanza giovane con dei lunghi capelli biondi, ma del volto non ha nessun ricordo. È sicuro anche di aver vomitato una volta durante il sezionamento, di aver visto molto sangue. Afferma di avere come dei flash in cui si trova di notte sulla sponda di un ampio canale, in due punti, dove avrebbe potuto gettare i cadaveri.
Insomma Gianfranco Stevanin non è solo un perverso omicida, è anche un grande attore e la sua migliore interpretazione è sicuramente quella del matto. Questa sceneggiata allungherà a dismisura le indagini e il seguente processo, costringendo il tribunale a numerose perizie psichiatriche e ad ulteriori indagini.
Il cadavere di questa fantomatica studentessa non sarà mai rinvenuto né nel fiume né altrove.

Nel Settembre del 1996, il mostro di Terrazzo si complica ulteriormente la vita. La giornalista Alessandra Vaccari riceve cinque lettere con minacce di morte, scritte e inviate da Giuliano Baratella, un criminale dalla mente instabile che è compagno di cella di Gianfranco Stevanin. Nelle lettere, Baratella si auto-accusa inoltre di essere il colpevole dei delitti “ingiustamente” attribuiti all'indagato. Mentre il tribunale cerca di convincere Stevanin a confessare di aver scritto lui quelle lettere e di averle dettate a Baratella, il 24 Settembre 1996, lungo le rive dell'Adige, viene ritrovato un altro cadavere: si tratta di una giovane donna sconosciuta, trovata priva di capelli e in avanzato stato di decomposizione. L’identità resterà sconosciuta, ma anche questo cadavere finisce nell’inchiesta su Stevanin.

Il 6 ottobre 1997, dopo l’ennesima perizia psichiatrica che lo dichiara processabile, si apre finalmente il processo contro il mostro di Terrazzo. Gianfranco Stevanin è accusato di cinque omicidi, aggravati di premeditazione e occultamento di cadavere. Anche la madre di Gianfranco, Noemi Miola, verrà processata a parte. Secondo gli inquirenti, la donna è da tempo al corrente dell’attività omicida di suo figlio, ma lo ha sempre protetto. Pare addirittura che sia stata lei a far sparire una testa che il figlio aveva dimenticato nel granaio.
Stevanin si presenta in tribunale con la testa rasata a zero, per mettere bene in evidenza una cicatrice rimastagli dall’incidente motociclistico del 1976. Su quella cicatrice e su quell’incidente si incentrerà tutta l’opera della difesa.
Come al solito, come solo in Italia può succedere, il processo si rivela lungo e laborioso, colmo di colpi di scena e sentenze che si negano a vicenda. La prima sentenza, il 28 gennaio 1998, condanna Gianfranco Stevanin all’ergastolo, di cui tre anni da passare in totale isolamento diurno.
Successivamente, la Corte D’Assise, a sorpresa, assolve l’imputato perché incapace di intendere e di volere. La sentenza definitiva arriva solo il 23 marzo 2001, la emette la Corte D’Appello di Venezia: viene confermato che Gianfranco Stevanin è in grado di intendere e di volere, perciò viene automaticamente confermata anche la prima sentenza, l’ergastolo.
Noemi Miola è stata invece assolta per mancanza di prove.
Attualmente, “il mostro” è rinchiuso nel supercarcere di Sulmona (L’Aquila), dove, nell’estate del 2004, ha salvato per ben due volte la vita al suo compagno di cella, un’aspirante suicida. Prima lo ha liberato dalla corda alla quale si stava impiccando, poi gli ha impedito di ingerire delle pillole.


http://www.occhirossi.it/biografie/GianfrancoStevanin.htm

Messaggio modificato da LauraDLM il 2 Dec 2008 - 13:55
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messaggio 2 Dec 2008 - 13:18
Messaggio #41


Pòch ad bòn
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sembra tratto da un film..invece è tutto vero..mamma mia!!!
da manicomio.
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A.L.G.
messaggio 2 Dec 2008 - 13:22
Messaggio #42


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