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Messaggio
#1
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Super Member ![]() Gruppo: Utente Messaggi: 5305 Iscritto il: 30 March 2005 Età: 104 Da: Shelbyville Utente Nr.: 27 ![]() |
si estende l'area della cosiddetta «collusione partecipata»
La mafia? «È la prima azienda italiana» Novanta miliardi di fatturato annuo, pari al 7% del PIl. L'allarme in un rapporto di Confesercenti ROMA - Allarme mafia nel rapporto «Sos impresa» della Confesercenti sulla criminalità, presentato a Roma alla presenza del viceministro dell’Interno Marco Minniti. Secondo il documento, la prima azienda italiana si chiama «Mafia spa» e ha un fatturato annuo di 90 miliardi di euro: il 7% del Pil, pari a cinque manovre finanziarie e otto volte il Tesoretto. Nel rapporto della Confesercenti si sottolinea anche che usura e racket - con 40 miliardi di fatturato - costituiscono il principale business per le associazioni mafiose. Ma il fatturato della malavita organizzata è alimentato anche da estorsioni, furti e rapine, contraffazione e contrabbando, imposizione di merce e controllo degli appalti. «Dalla filiera alimentare al turismo, dai servizi alle imprese a quelli alla persona, dagli appalti alle forniture pubbliche, al settore immobiliare e finanziario - afferma il rapporto - la presenza della criminalità organizzata si consolida in ogni attività economica». UN CANCRO PER L'ECONOMIA - Si tratta, di fatto, di una piovra dai mille tentacoli, che stritola ogni attività economica: commercianti e imprenditori, secondo il rapporto, sono costretti a subire 1.300 fatti-reato al giorno, «praticamente 50 all'ora», sottolinea lo studio. Malgrado la frenetica attività di forze dell'ordine e magistratura, la criminalità organizzata mantiene la propria forza in virtù delle caratteristiche tipiche del fenomeno: scarsa esposizione, consolidamento degli insediamenti territoriali tradizionali, capacità di spingersi oltre i confini regionali e nazionali, soprattutto per quanto riguarda il riciclaggio e il reimpiego dei proventi illeciti. PIZZO, USURA E GESTIONE DEL BUSINESS - Secondo il rapporto, i componenti delle organizzazioni criminali sono sempre più impegnati direttamente nella gestione delle attività economiche. Per questa ragione, a volte, limitano l'imposizione del «pizzo», richiedendo somme puramente simboliche, perché sono più interessati a imporre merci, servizi, manodopera o a eliminare la concorrenza. I commercianti taglieggiati oscillano intorno ai 160.000, ben oltre il 20% dei negozi italiani, con un fortissimo radicamento al Sud. In Sicilia sono colpiti l'80% dei negozi di Catania e Palermo. «Nei cantieri sotto controllo mafioso si lavora e basta. Diritti sindacali non esistono, le norme di sicurezza sono un optional», dice il rapporto. Quanto ai prestiti da strozzini, altra attività tipica di impiegare i soldi mafiosi, il numero dei commercianti coinvolti in rapporti usurari è oggi stimato in oltre 150.000, dice lo studio. «COLLUSIONE PARTECIPATA» - In «Sos impresa» si sottolinea anche il continuo sviluppo dell'area della cosiddetta «collusione partecipata» che investe anche la grande impresa italiana, soprattutto quella impegnata nei grandi lavori pubblici, che a volte preferisce venire a patti con la mafia piuttosto che denunciarne i ricatti. «Si tratta - si legge nel rapporto presentato dal presidente di Confesercenti, Marco Venturi - per lo più di grandi aziende che scendono a patti per "quieto vivere", quasi a sottoscrivere una polizza preventiva, perché la connivenza rende più forti rispetto alla concorrenza, perché per stare dentro certi mercati bisogna fare così, o semplicemente perché è più conveniente». 22 ottobre 2007 http://www.corriere.it/cronache/07_ottobre...esercenti.shtml |
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