Se ho ben capito l'inchiesta BIS è stata aperta proprio perchè la "procedura" utilizzata pare non sia molto chiara e ci sono molti dubbi a riguardo.

però non dici sotto quali aspetti non sia molto chiara....

Una colluttazione vede impegnate quattro persone armate di manganelli contro una a mani nude; alla fine casualmente il corpo di questo era ridotto in uno stato pietoso. Chiamatelo come vi pare, io lo chiamo pestaggio. Perfino se le perizie della difesa argomentano che è esploso da solo perché era uno scoppiato.

Processo Aldrovandi. Il pm chiede 3 anni e 8 mesi di condanna per i 4 poliziotti
''Le ultime grida di aiuto di Federico pesano su quest’aula''

Tre anni e otto mesi. È la condanna chiesta ieri dal pm Nicola Proto al termine di oltre cinque ore di requisitoria per Paolo Forlani, Enzo Pontani, Luca Pollastri e Monica Segatto, i quattro poliziotti imputati dell’omicidio colposo di Federico Aldrovandi. Sei i punti in cui si è diviso l’intervento della pubblica accusa: il ritorno di Federico con gli amici dalle serata a Bologna; gli orari di chiamata delle volanti del 113; la colluttazione; le indagini, le perizie; l’eccesso colposo.

In primo luogo, nella ricostruzione del pm, c’è il ritorno dalla discoteca di Bologna dove Federico aveva passato con gli amici l’ultima serata della sua vita. “In quel frangente – ricorda Proto – come spiegheranno gli amici, una volta convocati in questura e come ribadiranno al processo, era tranquillo, quasi assopito”. Vengono quindi le tante “stranezze” successive all’alba del 25 settembre. Un dato su tutti, “incredibile” come lo giudica il pm: “l’omesso o imperfetto avviso al pm”.

Cosa accadde da allora in poi? Proto incrocia tabulati telefonici, registrazioni di chiamate tra volanti e centrale, testimonianze rese in aula da funzionari della questura e residenti di via Ippodromo: “non ci stiamo con i tempi”. È una ricostruzione alternativa quella proposta dall’accusa: una delle due volanti era lì già prima. Secondo questa suggestione Alfa 2 (con a bordo Segatto e Forlani) arrivò in via Ippodromo prima di quanto affermato dagli agenti, che fanno risalire il loro intervento alle 5.58, “per comprimere – secondo Proto - i tempi della colluttazione: ma la loro ricostruzione non è credibile e va anticipata almeno di cinque minuti, alle 5.53”.

Cinque minuti che potrebbero anche essere di più secondo il magistrato, se si presta fede ad alcuni dettagli che emergono dalle testimonianze. “Se la volante è arrivata prima – ne deduce Proto -, allora forse da un semplice controllo, seguito dal fatto che Federico non aveva documenti con sé, è seguita una discussione che poi è degenerata”.

Quanto alla colluttazione, anche qui i resoconti dei poliziotti lasciano il campo ai dubbi del pm: “Federico sarebbe balzato sul cofano dell’auto della polizia e poi caduto a cavalcioni sulla portiera aperta, rompendone il vetro e procurandosi lesioni allo scroto. Come è possibile che su quel cofano non presenti nemmeno una ammaccatura?”. Rivive poi in aula – attraverso i particolari enucleati davanti al giudice - il racconto, reso in incidente probatorio, della camerunense Anne Marie Tsegue, che disse di aver visto i quattro agenti picchiare con i manganelli il ragazzo quando ormai era già a terra immobilizzato.

Viene quindi il capitolo delle sostanze assunte che “non possono aver avuto nessun rilievo, né causale né concausale perché i dosaggi erano talmente bassi da non avere influenza nel meccanismo che ha portato alla morte Federico”. La perizia di Torino di Testi-Bignamini a questo proposito sarebbe “insidiosa” proprio là dove dà per presupposto l’assunzione di lsd. “La sostanza non è stata trovata nel sangue e non si sono registrati gli effetti sullo stato di Federico, tanto da far supporre che si trattasse di quello che in gergo viene chiamato “un pacco”, una fregatura”. La perizia torinese – che conclude per una morte improvvisa da agitazione psicomotoria – “non spende una parola sulla costrizione fisica in cui Federico è stato tenuto negli ultimi 4 o 5 minuti della sua vita”.

E su quella perizia “si incardinano poi le consulenze di procura e difesa, quasi a puntellare quelle conclusioni”: chi esalta l’assunzione di droga, chi l’agitazione psicomotoria, “fino a dire – prosegue Proto -che Federico sarebbe morto anche senza l’interveto della polizia: secondo la perizia Giron nel caso di Federico era saltato il driver centrale: il cervello aveva perso il controllo lasciando che il corpo non sentisse fatica e dolore e nemmeno l’istinto di conservazione, fino a scoppiare. Eppure Lucia Bassi sente dalla sua casa che il giovane rispondere agli agenti che gli chiedono il suo nome e lo sente implorare aiuto”.

“Come giustificare poi – riprende il magistrato - quelle lesioni al volto e in tutto il corpo? lesioni difensive, come per coprirsi dai colpi, come dimostrano le ferite sui dorsi delle mani”.

Poi viene la perizia “forse più completa”, quella firmata da Malaguti su incarico del primo pm che si occupò dell’inchiesta, che non terrebbe conto della restrizione prolungata e che sarebbe ‘menomata’ della foto del cuore sezionato, non inserita nel corredo fotografico, “che apre – avverte il pm - un nuovo quadro di asfissia on posturale ma meccanica, per compressione del torace. Perché quella foto non venne depositata? Sembra che ci fosse una predisposizione a dire che era morto per droga. Poi arrivarono i dati tossicologici che sorpresero qualcuno…”.

L’unica consulenza che tiene conto di tutti i fattiori presenti nella vicenda è quella delle parti civili, a firma Gualandi-Zanzi, “dove si parla di agitazione psicomotoria e dei violenti sforzi compiuti durante la restrizione fisica in posizione prona: se di questi elementi ne togliamo anche uno soltanto, la morte non sarebbe avvenuta. Federico, come testimoniato da Anne Marie Tsegue, aveva una persona sul dorso e per 4/5 minuti è rimasto in quella posizione, dalle 6.04 alle 6.09, fino all’arrivo dei carabinieri: questo, aggiunto all’alterazione psicofisica che ha portato a un fabbisogno maggiore di ossigeno, ha provocato l’asfissia”.

Viene infine la condotta assunta dagli agenti, per la quale il capo di imputazione parla di “eccesso colposo”. “Non si nega la legittimità dell’intervento – spiega Proto - ma questo doveva essere proporzionato tra i mezzi utilizzati e la situazione reale da affrontare. Federico era così agitato? o era una persona che probabilmente aveva bisogno di aiuto come le testimonianze dei residenti ci hanno detto? era necessario l’uso di quattro manganelli di cui due rotti nella colluttazione per un ragazzo di 18 anni da solo contro quattro persone? era necessario colpirlo quando era già a terra? Viene colpito con i piedi, viene colpito anche alla testa, viene immobilizzato in maniera non corretta, come ci hanno spiegato gli istruttori della scuola di polizia di Pescara”.

Rimane la contestazione dell’omissione del soccorso necessario: “il fatto di aver chiamato l’ambulanza non fa venir meno l’obbligo di protezione: Federico era già bloccato e chiedeva aiuto”. La condotta alternativa era semplice, secondo il magistrato: “bastava girarlo di fianco o metterlo in posizione seduta per permettergli di respirare”. “Se c’è stato da parte dei poliziotti un errore di percezione sul suo vero stato di salute in quel momento”, secondo l’accusa “questo è un errore colpevole: Federico chiedeva un aiuto che non gli è stato dato”.

“Si è cercato anche di scavare nella vita di questo ragazzo – conclude Proto -. Sappiamo che era un ragazzo di 18 anni, con i suoi limiti e i suoi errori, un ragazzo che oggi avrebbe 22 anni. E le cui ultime parole, “basta” e “aiutatemi”, pesano su quest’aula”.

La difesa dei poliziotti: ''Richiesta sproporzionata''
Il padre di Aldro: ''A quelle persone darei l’ergastolo''

“Come padre a quelle persone darei l’ergastolo”. Non è riuscito a trattenere le lacrime Lino Aldrovandi, mentre ascoltava in aula la ricostruzione degli ultimi istanti di vita del figlio fatta dal pm. E proprio a Proto vanno i primi ringraziamenti del padre di Federico: “ha fatto quello che mi aspettavo dalle istituzioni. Le leggi ci sono e vanno applicate. Gli ho detto che sono orgoglioso di avere dei magistrati come lui perché ha fatto il suo dovere, cosa che avrebbero dovuto fare tutti dall’inizio”.

La richiesta di 3 anni e 8 mesi avanzata dalla pubblica accusa soddisfa a metà anche la madre, Patrizia Moretti, che riconosce che “da quel capo di imputazione non si poteva chiedere molto di più. Se non fossero stati dei poliziotti credo che avrebbero ricevuto un trattamento meno delicato”. In attesa della sentenza, però, Moretti non vive questa fase finale del processo come momento di giustizia. “Giustizia vera non potrà mai essercene – afferma -, però oggi posso dire che dopo 4 anni ci si sta avvicinando non alla verità, che quella l’abbiamo sempre saputa, ma a una condanna questo sì”.

Una “richiesta sproporzionata” invece per Giovanni Trombini, legale della difesa. Per l’avvocato “la requisitoria si caratterizza per un difetto che il pubblico ministero attribuisce alle consulenze tecniche. Ci sono diverse contraddizioni che non vengono affrontate, mentre invece un giudizio si deve basare sull’intero compendio probatorio, un compendio che desta perplessità circa la presunta responsabilità degli agenti. Il 29 e 30 ascolterete cosa abbiamo da dire su questa ricostruzione e sulle problematiche ulteriori che oggi non sono state toccate”.

Le prossime udienze sono fissate per il 23 e il 24 giugno, quando verranno sentite le parti civili. Il 29 e 30 toccherà alla difesa. Il 6 luglio sarà dedicato a eventuali repliche o, in assenza alla sentenza, che potrebbe in questo caso slittare al 7.

Solo per il fatto che sono poliziotti gliene avrei dati almeno 5 di anni.

aspetto la sentenza...fino ad allora non dirò nulla.

+ congedo immediato con disonore..